La Corte di Cassazione, con una specifica sentenza, fa il punto sul reato di percosse e i casi in cui uno schiaffo alla persona possa effettivamente configurarlo

La Cassazione, con sentenza n. 39992/2012, ha fornito dei chiarimenti importanti in merito al reato di percosse e ai casi in cui uno schiaffo alla persona possa configurarlo.

Secondo gli Ermellini, infatti, deve trattarsi di un gesto con un apprezzabile contenuto di violenza. Inoltre, lo schiaffo alla persona causare alla vittima una sensazione dolorosa. E questo anche in assenza di malattie o particolari traumi.

Ma in quali circostanze specifiche uno schiaffo può avere conseguenze di tipo legale?

Ogni condotta posta in essere da determinati soggetti che abbia lo scopo o anche solo produca l’effetto di arrecare offesa a questi beni, risulta meritevole di sanzione da parte dell’ordinamento giuridico.

Nello specifico, l’art. 581 c.p. punisce chiunque “percuota”. Chiaramente, l’utilizzo di questo termine, volutamente ampio, conduce a ritenere che vi possa essere ricompreso, oltre a calci e pugni, anche un semplice schiaffo, purché non ne derivi una malattia in capo alla vittima.

In questo senso, la giurisprudenza ha precisato che deve trattarsi di gesti con un apprezzabile contenuto di violenza che producano nella vittima una sensazione dolorosa, pur in assenza di malattie o particolari traumi.

Ma non solo. L’art. 131 bis c.p. prescrive che non sia punibile il fatto commesso se l’offesa arrecata al bene giuridico protetto dalla norma penale sia particolarmente “tenue”.

Ciò significa che, in questi casi, non si irroga una sanzione che verrebbe indubbiamente avvertita come ingiusta dal soggetto che la riceve e dalla società.

Circostanza che impedirebbe alla pena di svolgere tanto la propria funzione rieducativa, quanto quella di prevenzione generale.

Un rischio, questo, che si potrebbe correre con il “semplice” schiaffo.

Effettivamente, ciò è quanto può accadere con riguardo al “semplice” schiaffo.

Tuttavia, ciò non può escludere che la vittima ritenga che esso integri un’ingiuria nei propri confronti.

Se è vero che l’ingiuria non costituisce più reato, essa continua comunque ad essere considerata illecita da parte del legislatore.

Il soggetto che abbia ricevuto lo schiaffo, infatti, può agire in sede civile al fine di ottenere il risarcimento dei danni subìti, tanto sotto il profilo materiale che morale.

Con la pronuncia in oggetto, la Cassazione ha precisato che un comportamento con il quale si vada a toccare un bene giuridico della persona, come l’integrità fisica, comporta il diritto della vittima al risarcimento del danno non patrimoniale di cui quest’ultima abbia fornito la prova. Esso verrà, poi, liquidato secondo equità dal giudice.

La vicenda

Nel caso di specie, una donna, dopo continue discussioni aveva schiaffeggiato il vicino di casa ed era stata condannata al risarcimento del danno.

In questo caso, il danno comprendeva sia il danno fisico riportato dalla persona offesa, sia quello morale, in virtù della lesione di un bene fondamentale dell’individuo.

In conclusione, pertanto, se a seguito della querela da parte della persona offesa, si potrebbe giungere ad una sentenza che dichiari la non punibilità dell’imputato per “particolare tenuità del fatto”, la vittima comunque potrà agire in sede civile per ottenere il risarcimento del danno.

 

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