Respinta la domanda di un uomo che chiedeva la separazione dalla moglie al fine di sedare la conflittualità tra i due figli

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16698/2020, ha ritenuto infondato il ricorso di un uomo contro la decisione della Corte di appello che, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva respinto la domanda di separazione dalla moglie.

La Corte territoriale aveva infatti rilevato l’assenza della volontà di separarsi in capo ai coniugi. In particolare, l’uomo, che era pienamente in grado di intendere e volere aveva spiegato che la sua scelta di chiedere la separazione era volta a sedare la conflittualità tra i figli. Un motivo che, però, ad avviso del Giudice di secondo grado, non costituiva un presupposto che consentiva di chiedere la separazione giudiziale, ex art. 151 c.c.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente eccepiva, tra gli altri motivi, che la Corte d’appello avesse ritenuto che i fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza – che l’art. 151 c.c. prevede che possano essere anche indipendenti dalla volontà dei coniugi – non possano essere costituiti dalle continue liti tra i figli e tra i figli e i genitori.

I Giudici Ermellini hanno dapprima ricordato che “in tema di separazione tra coniugi, la situazione di intollerabilità della convivenza va intesa in senso soggettivo, non essendo necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una sola delle parti, verificabile in base a fatti obiettivi, come la presentazione stessa del ricorso ed il successivo comportamento processuale, (e, in particolare dalle negative risultanze del tentativo di conciliazione), dovendosi ritenere, in tali evenienze, venuto meno quel principio del consenso che, con la riforma attuata attraverso la legge 19 maggio 1975, n. 151, caratterizza ogni vicenda del rapporto coniugale”; quindi, hanno confermato la decisione della Corte territoriale.

Il Collegio distrettuale, infatti, aveva correttamente accertato che, non solo la moglie si opponeva alla domanda di separazione – paventando che il consorte vi fosse stato spinto dal figlio, tanto che chiedeva accertarsi la sua libera volontà – ma che lo stesso ricorrente aveva ammesso che il figlio lo aveva portato via di casa contro la sua volontà, quasi a forza, e che “avrebbe voluto tornare a vivere con la moglie”, circostanze certamente incompatibili con la intollerabilità della convivenza, certamente non ravvisabile – stante il tenore dell’art. 151 c.c. – nei “litigi tra i due figli”.

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