L’impianto in zona 16 risultava collocato in posizione eccessivamente apicale, tanto da provocare una severa sinusite mascellare (Tribunale di Milano, Sez. I, Sentenza n. 6407/2021 del 22/07/2021-RG n. 27043/2018)

Il paziente cita a giudizio il Centro Odontoiatrico e il Medico odontoiatra onde vederne accertata la responsabilità in relazione ad una serie di cure odontoiatriche consistenti nell’estrazione dei due denti residui superiori e la realizzazione di una protesi fissa supportata da sei impianti nell’arcata superiore ed una protesi mobile scheletrita con ganci bianchi nell’arcata inferiore, con esborso di euro 14.504,00. Nello specifico, deduce l’attore che si verificavano varie ipotesi fratturative dei manufatti protesici superiori con comparsa di una severa sinusite mascellare iatrogena, con importante sintomatologia algica, epistassi astenia e febbre che portavano ad una dolorosa rimozione dell’impianto superiore destro e riposizionamento della protesi definitiva sui cinque impianti rimasti.

Anche la protesi inferiore non andava a buon fine per sopraggiunta mobilità del dente 44 che veniva estratto e per inadeguatezza dei ganci realizzati, uno dei quali si fratturava, che non permetteva una sufficiente stabilità e ritenzione della protesi nel cavo orale.

I convenuti non si costituiscono in giudizio e vengono dichiarati contumaci.

Il Tribunale dispone CTU medico legale, e nel corso del giudizio si costituisce tardivamente la Struttura odontoiatrica.

Prima di entrare nel merito, vengono affrontati i principi in tema di responsabilità della struttura sanitaria.

Il CTU ha osservato come “le condizioni dentarie al momento dell’accesso al Centro risultano documentate da un accertamento radiografico del tipo opt e da tac del 02/12/15, entrambi gli accertamenti permettono di evidenziare una edentulia pressoché completa dell’arcata superiore, dove erano presenti soltanto due elementi dentari (22 e 16) che si presentavano in precarie condizioni cliniche; residuava cresta ossea nelle zone edentule di grado medio sia sotto il profilo orizzontale che verticale. A quel momento era presente un manufatto protesico preesistente removibile riferito in essere circa dal 2004. All’arcata inferiore erano presenti solo gli elementi dentari da 44 a 33, non reintegrate le edentulie dei settori posteriori…(..)..alla luce delle linee guida vigenti siano stati correttamente prescritti e/o visionati dal curante gli accertamenti opportuni sia di primo che di secondo livello, sufficienti ed adeguati al fine della progettazione del caso che prevedeva una riabilitazione fissa su impianti dell’arcata superiore. Infatti le Linee Guida prevedono che l ‘adozione della riabilitazione implanto – protesica deve essere sempre presa in considerazione nell’ambito delle opzioni riabilitative disponibili quando si possa ipotizzare per il paziente un adeguato risultato funzionale ed estetico a lungo termine. Nel complesso, gli interventi odontoiatrici compiuti sull’apparato dentale del paziente sono stanzialmente consistiti nell’estrazione degli elementi dentari 22 e 16, nell’inserimento di n. 5 impianti monofasici sul mascellare superiore e di uno bifasico, in seguito ai quali è stata approntata una soluzione protesica fissa da 16 a 26. All’arcata inferiore risulta l’estrazione dell’elemento dentario 44 e l’apposizione di una protesi scheletrata removibile reintegrante gli elementi dentari mancanti nei settori posteriori. Alla luce della documentazione visionata e di quanto obiettivato in corso di visita si sono rilevati elementi di imperizia a carico dell’operatore in relazione all’inserimento di un impianto all’emiarcata superiore di dx in zona circa 16 che risultava collocato in posizione eccessivamente apicale, tanto da risultare contiguo al pavimento del seno mascellare dx, diventandone così spina irritativa, tanto più che l’accertamento radiografico preliminare già rilevava un minimo ispessimento flogistico a livello del pavimento del seno mascellare omolaterale. Inoltre si è rilevata un’errata realizzazione dei manufatti protesici successivamente posizionati dal medesimo curante in seguito all’intervento. Le terapie implantologiche proposte risultavano indicate nel caso in oggetto a fronte della richiesta di una riabilitazione fissa, tuttavia l’impianto in zona 16 risultava collocato in posizione eccessivamente apicale, tanto da risultare contiguo al pavimento del seno mascellare dx, diventando così spina irritativa. La successiva comparsa di sinusite risulta infatti attribuibile all’inserimento dell’impianto in posizione 16, tuttavia il successivo trattamento farmacologico, unitamente alla rimozione dell’impianto, hanno risolto la problematica, quantomeno a livello sintomatologico”.

Ed ancora: “Non risulta dalla documentazione in atti la presenza di consenso informato sottoscritto dal periziando, seppure risulti regolarmente sottoscritto il preventivo nel quale sono state analiticamente dettagliate le prestazioni a cui avrebbe dovuto sottoporsi. Si aggiunga a ciò che in corso di visita il periziando non ha manifestato alcuna lamentela o ha segnalato di non avere compreso il piano di trattamento al quale è stato sottoposto, recependo tuttavia che, a fronte di tali interventi, la sua preesistente masticazione di terza classe sarebbe stata corretta protesicamente. L’inabilità temporanea conseguente ai profili di responsabilità professionale è quella riferibile ai disagi conseguenti alle ripetute e documentate fratture protesiche, alla necessità di reintervenire sull’impianto all’emiarcata superiore di dx ed in funzione del periodo di acuzie della sintomatolog ia sinusale con una conseguente valutazione nei seguenti termini: gg. 15 al 50%, gg. 25 al 25% e gg. 90 al 10%. La compromissione relativa all’intervento in zona 16 ha comportato una perdita ossea in regione emimascellare dx che tuttavia potrà essere parzialmente emendata con un intervento di rigenerazione e rialzo del seno mascellare, residuando postumi permanenti nella misura del 1%. Le spese mediche di cura sostenute presso la struttura risultano parzialmente inefficaci e, sulla falsariga del preventivo, sono da ritenersi inadeguate quelle relative alle protesizzazioni provvisorie e definitive, nonché ad un impianto monofasico e pertanto per un valore che, considerato lo sconto proposto a fronte della somma complessiva indicata di Euro 15.880,00 ma scontata ad Euro 14.500,00, permette di ritenere inefficaci, tenendo conto dello sconto, una somma di Euro 11.074,69. Sono necessari interventi futuri in relazione all’operato inadempiente relativi ad un intervento di grande rialzo del seno mascellare dx, previa rigenerazione ossea, con l’inserimento di nuovo impianto, oltre al confezionamento di nuova protesi provvisoria, per un valore complessivo medio attuale pari ad Euro 4.000,00 circa. Invece, i restanti interventi previsti e di cui si condivide l’indicazione clinica, relativi al confezionamento di nuova struttura protesica ad entrambe le arcate, il paziente li avrebbe dovuti comunque sostenere a fronte delle problematiche presentate precedentemente al suo accesso al Centro, proprio in considerazione delle sue condizioni cliniche preesistenti”.

Pertanto, a titolo di danno biologico permanente viene liquidato l’importo di euro 569,99, oltre ad euro 1.080,40 per danno biologico da temporanea, ed euro 550,07 per danno dinamico relazionale, il tutto complessivamente per euro 2.200,46.

Riguardo al danno emergente, il CTU ha ritenuto che per le spese intervento di grande rialzo del seno mascellare dx, previa rigenerazione ossea, con l’inserimento di nuovo impianto, oltre al confezionamento di nuova protesi provvisoria, idoneo l’importo di euro 4.000,00 circa, a cui va aggiunto quanto documentato come spese mediche e parere medico-legale per complessivi euro 3.101,00.

Conseguentemente, la Struttura odontoiatrica convenuta è tenuta a rifondere all’attore l’importo di euro 9.301,46, oltre interessi dalla presente sentenza al saldo effettivo.

Inoltre, il CTU ha anche quantificato le spese mediche di cura sostenute presso la struttura parzialmente inefficaci relative alle protesizzazioni provvisorie e definitive, nonché ad un impianto monofasico, nella somma di euro 11.074,69.

Tale importo, ingiustificatamente percepito deve essere restituito, con gli interessi legali dal percepimento al saldo, dalla Struttura, previa risoluzione parziale del contratto intercorso tra le parti per grave inadempimento della convenuta.

La Struttura convenuta viene, infine, condannata anche al rimborso delle spese per mediazione obbligatoria e a quelle di giudizio liquidate in euro 8.400,00 oltre spese vive, spese generali e accessori di legge, nonché alle spese di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

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