Sicurezza sul lavoro: mancata formazione e DPI usurati, si alla condanna

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sicurezza sul lavoro

Respinto il ricorso del titolare di un’azienda contro la condanna per una serie di reati commessi in materia di sicurezza sul lavoro

Era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di 1 anno, 2 mesi e 15 giorni di reclusione in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, di una serie di reati commessi nella sua qualità di amministratore unico e legale rappresentante di una Srl e di datore di lavoro. Nello specifico, era accusato di non avere redatto il documento di valutazione dei rischi idoneo a evidenziare i rischi specifici cui erano esposti i lavoratori operanti in una delle unità produttive dell’azienda, per non aver assicurato che ciascun lavoratore ricevesse adeguata e specifica formazione in materia di sicurezza sul lavoro, per non avere assicurato che il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza fosse sottoposto a specifica formazione prevista per il suo ruolo, per avere tenuto i locali forniti ai lavoratori, per uso di dormitorio stabile, non adeguati ai requisiti di abitabilità prescritti per le case di civile abitazione in termini di superficie, di arredamento necessario alle esigenze dell’igiene e di rispondenza alle norme tecniche applicabili in relazione alla conformità dell’impianto elettrico, per avere tenuto alcune postazioni, dove gli addetti effettuavano saldature a filo continuo, con difetto di sistemi di aspirazione dei fumi e gas sviluppati, per non avere messo a disposizione dei lavoratori, che effettuavano saldature a filo continuo con sviluppo di fumi e gas, dispositivi di protezione individuale per le vie respiratorie, per non avere imposto il divieto di fumare in relazione ai pericoli di incendio derivanti dalla tipologia delle lavorazioni svolte, per non avere messo a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere o comunque idonee ai fini della sicurezza e della salute, per non avere messo a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere o comunque idonee ai fini della sicurezza e della salute, per non avere messo a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere o comunque idonee ai fini della sicurezza e della salute, per non avere adottato misure tecniche e organizzative necessarie a eliminare o ridurre al minimo i rischi derivanti dall’impianto elettrico, per avere omesso di adottare dispositivi di protezione, di emergenza, di riparo, destinati a prevenire infortuni sul lavoro, in relazione alle attrezzature.

La Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva rideterminato la pena finale in 8 mesi e 20 giorni di reclusione.

A fronte del ricorso presentato dall’imputato, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30011/2020 ha ritenuto di confermare la decisione del Giudice di merito.

Le censure del ricorrente, infatti, erano state articolate premettendo alla generale enunciazione, asseritamente valida per tutte le contravvenzioni de quibus, una successiva esemplificazione di fattispecie per le quali il carattere meramente parziale dell’inadempimento varrebbe a escluderne l’illiceità penale.

In questo modo, tuttavia, le doglianze – per gli Ermellini – si connotavano, quanto alla enunciazione generale, come del tutto generiche, risolvendosi in affermazioni che non analizzavano le caratteristiche delle singole figure di reato, onde coglierne i profili strutturali e funzionali e inferire la rilevanza di una inosservanza parziale della prescrizione.

Quanto, poi, alle singole esemplificazioni contenute in ricorso, la mancata adozione del documento di valutazione dei rischi era stata riconosciuta dallo stesso ricorrente, che in modo del tutto congetturale ne aveva ipotizzato la riconducibilità a un errore materiale, peraltro esclusa dalla Corte territoriale in assenza di qualunque elemento di fatto in grado di suffragare la tesi difensiva. Del pari, quanto alla contestazione della mancata messa a disposizione dei dispositivi di protezione individuale per le vie respiratorie, la circostanza che le mascherine fornite in dotazione ai lavoratori fossero usurate non era certamente idonea a impedire la violazione, essendo i dispositivi inidonei a soddisfare le esigenze di tutela cui erano preordinati.

La sentenza impugnata, inoltre, aveva rilevato che la condotta omissiva dell’imputato, consistita nella mancata adozione dei dispositivi di protezione, emergenza e riparo, destinati a prevenire infortuni sul lavoro, specie in relazione alle attrezzature meccaniche, persistente nonostante le espresse prescrizioni emanate in vista della loro regolarizzazione fosse volontaria e integrasse un inadempimento sicuramente idoneo a pregiudicare l’integrità fisica dei lavoratori addetti alle lavorazioni effettuate sui macchinari presenti nello stabilimento; e ciò indipendentemente dalla effettiva verificazione, a loro danno, di eventi infortunistici.

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