Sinistro stradale e frazionamento del danno materiale e alla persona (Cass. civ., sez. III,  25 gennaio 2023, n. 2278).

Sinistro stradale e frazionamento del danno al veicolo e del danno alla persona.

La Suprema Corte di Cassazione torna sul tema del frazionamento del credito, ricordando che sussiste abuso dello strumento processuale laddove il danneggiato proponga due azioni diverse, riferite alle cose e alla persona, per i danni derivanti da un unico fatto illecito, nel caso riferito a danni derivanti da sinistro stradale.

La vicenda trae origine da un sinistro provocato dall’avvallamento del manto stradale per le radici degli alberi a seguito del quale il motociclista danneggiato chiedeva al Comune di Roma il risarcimento dei danni.

A sostegno della domanda esponeva il danneggiato di aver in precedenza già promosso un separato giudizio, davanti al Giudice di Pace di Roma, per i danni subiti dal motociclo, giudizio che si era concluso con una sentenza di condanna passata in giudicato nei confronti del Comune.

Il Tribunale rigettava la domanda ritenendo che la stessa fosse improponibile per l’illegittimo frazionamento del credito. La pronunzia veniva impugnata dal motociclista e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 9 aprile 2019, rigettava il gravame compensando le spese di lite.

Ha osservato la Corte territoriale che nel momento in cui era stata proposta la domanda risarcitoria davanti al Giudice di Pace di Roma, il danno alla persona lamentato si era già verificato nella sua interezza.

Il fatto che il motociclista dovesse ancora sottoporsi ad una visita specialistica, successiva al giudizio del Giudice di Pace, non dimostrava che i postumi non si fossero già verificati integralmente a quella data. La scelta di agire separatamente per il danno al motociclo e per il danno alla persona non era stata determinata, quindi, dall’effettiva incertezza sul consolidamento degli esiti negativi della sua malattia; per cui la proposizione in due diversi giudizi delle domande di risarcimento dei danni derivanti da un unico incidente si risolveva in un abuso dello strumento processuale.

Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma propone ricorso il danneggiato. Osserva il ricorrente che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del fatto che egli aveva fatto espressa riserva, nel proporre il primo giudizio davanti al Giudice di Pace, di agire con un autonomo giudizio per il risarcimento dei danni fisici subiti, in quanto gli stessi non si erano ancora stabilizzati e che, per costante giurisprudenza in argomento, la seconda domanda risarcitoria può essere proposta separatamente in presenza di un dubbio circa la stabilizzazione degli esiti dannosi, elemento che la sentenza impugnata non avrebbe considerato.

Osserva la Suprema Corte che dopo la decisione del 2007 sull’argomento, con la più recente decisione n. 4090/2017, viene ribadito che “le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi; ove le suddette pretese creditorie, però, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo – così da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata”.

A tale orientamento viene data continuità con la precisazione che “non è consentito al danneggiato, in presenza di un danno derivante da un unico fatto illecito, riferito alle cose ed alla persona, già verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l’azione extracontrattuale davanti al giudice di pace ed al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore, e ciò neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento. Tale disarticolazione dell’unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto illecito, infatti, oltre ad essere lesiva del generale dovere di correttezza e buona fede, per l’aggravamento della posizione del danneggiante-debitore, si risolve anche in un abuso dello strumento processuale”.

Ebbene, precisano gli Ermellini, pur non essendo totalmente precluso al danneggiato, in astratto, agire separatamente per due diversi danni che derivano dal medesimo fatto illecito, ciò può avvenire solo in presenza dell’effettiva dimostrazione della sussistenza di un interesse obiettivo al frazionamento. Tale interesse non può consistere in una scelta soggettiva dettata da criteri di mera opportunità e neppure dalla prospettata maggiore speditezza del procedimento davanti ad uno piuttosto che ad un altro dei Giudici aditi.

Il ricorso viene integralmente rigettato, assorbito quello incidentale.

Avv. Emanuela Foligno

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