La Consulta si è espressa sul ricorso presentato dalla Cassa dei commercialisti ritenendo illegittimo la legge 135 del 2012 nella parte in cui prevede che le somme derivanti dalle riduzioni di spesa previste siano versate annualmente dall’Ente di previdenza privata bilancio dello Stato

E’ illegittimo il riversamento di denaro allo Stato da parte delle Casse di previdenza private per effetto della Spending review; una misura che dal 2012 ad oggi – con l’applicazione del prelievo previsto dalla legge 135 nella misura del 5%, poi aumentato al 15% – sarebbe costato alla Casse aderenti all’Adepp (Associazione degli enti di previdenza privata) circa 10,8 milioni di euro.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale con sentenza n. 7 del 2017 pronunciandosi sul ricorso presentato dalla Cassa previdenziale dei commercialisti (Cnpadc). Secondo i giudici della Consulta, “l’ingerenza del prelievo statale rischia di minare quegli equilibri che costituiscono elemento indefettibile dell’esperienza previdenziale autonoma”; il sistema privato, alternativo a quello pubblico, “merita di essere preservato da meccanismi – quali il prelievo a regime in esame – in grado di scalfirne gli assunti di base. Ciò anche in considerazione del fatto che detti assunti ne hanno, comunque, garantito la sopravvivenza senza interventi di parte pubblica per un ragguardevole periodo di tempo”.
La Corte si è quindi espressa esplicitamente a difesa dell’autonomia degli enti previdenziali privati. “Negli anni ’90 – si legge nella sentenza – il legislatore italiano ha ritenuto che i due sistemi [pubblico e privato, ndr] potessero coesistere in ragione delle specifiche peculiarità”.  La Costituzione, osservano i giudici, non prevede l’obbligo  di “realizzare un assetto organizzativo autonomo basato sul principio mutualistico” ma “una volta scelta tale soluzione, il relativo assetto organizzativo e finanziario deve essere preservato in modo coerente con l’assunto dell’autosufficienza economica, dell’equilibrio della gestione e del vincolo di destinazione tra contributi e prestazioni”.
I magistrati hanno osservato che la disposizione censurata opera “in deroga all’ordinario regime di autonomia della Cassa, in parte alterando il vincolo funzionale tra contributi degli iscritti ed erogazione delle prestazioni previdenziali”. In conclusione, secondo la Corte costituzionale, “la scelta di privilegiare, attraverso il prelievo, esigenze del bilancio statale rispetto alla garanzia, per gli iscritti alla Cnpadc, di vedere impiegato il risparmio di spesa corrente per le prestazioni previdenziali non è conforme né al canone della ragionevolezza, né alla tutela dei diritti degli iscritti alla Cassa”.
 

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