Per il Tribunale amministrativo il pur rispettabile interesse individuale lascia il passo all’interesse pubblico, in particolare ove si tratti di tutela della salute

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia ha bocciato il ricorso presentato da due coppie di genitori di due bambini in età prescolare contro la delibera n.72 del 28 novembre 2016 con cui il Comune di Trieste ha introdotto la vaccinazione obbligatoria quale requisito per l’accesso dei bambini di età compresa tra 0 e 6 anni alle scuole materne e ai servizi della prima infanzia. I genitori, inoltre, chiedevano il risarcimento dei danni e in particolare delle spese che saranno costretti a sostenere in quanto i loro figli non potranno accedere ai servizi per l’infanzia offerti dal Comune di Trieste né a quelli di privati convenzionati.
Pur sottolineando che il provvedimento impugnato risulta di immediata lesività in quanto inibisce ai genitori che non abbiano vaccinato i propri figli di iscriverli alle scuole comunali per l’infanzia Il Tar ha ritenuto di rigettare le argomentazioni sostenute dai ricorrenti.  “L’iscrizione a un asilo – si legge nella sentenza – comporta di necessità la convivenza dei bambini in un ambiente ristretto, per cui la mancanza di vaccinazione, per un elementare principio di precauzione sanitaria, si ripercuoterebbe sulla salute degli altri, anche quelli con particolare debolezze e fragilità immunitarie. Il pur rispettabile e tutelabile interesse individuale deve regredire rispetto all’interesse pubblico, in particolare ove si tratti di tutela della salute”.
Il Tribunale ha inoltre sottolineato la delicatezza di una materia in cui la situazione oggettiva è mutata negli ultimissimi anni, sia per la diminuzione della copertura vaccinale dei bambini che per l’esposizione al contatto con soggetti provenienti da Paesi in cui sono ancora presenti malattie che in Europa sono state debellate, tra cui quelle oggetto delle quattro vaccinazioni obbligatorie.
Proprio “il cambiamento del contesto ha comportato anche un mutamento della sensibilità degli operatori pubblici nella sanità e degli enti preposti, tra cui nel caso il Comune, ovviamente attento alla salute dei propri cittadini, in una materia in cui la razionalità scientifica e il pubblico interesse devono prevalere su facili suggestioni ed epidermiche emotività, pur nel pieno rispetto della libertà di ognuno”.

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