L’accertamento basato sugli studi di settore impone all’amministrazione di tener conto delle specifiche condizioni oggettive e soggettive in cui sia realmente svolta l’attività oggetto di verifica
La vicenda
La vicenda trae origine dall’avviso di accertamento di maggior reddito, per l’anno di imposta 2003, notificato al titolare di una ditta di riparazione meccanica di autoveicoli, a seguito dell’accertato scostamento, di quanto dichiarato, dal reddito risultante dall’applicazione degli standard degli studi di settore.
Il ricorso alla CTP aveva trovato parziale accoglimento, con riduzione del maggior reddito accertato, ma nella stessa misura già proposta dall’amministrazione finanziaria in sede di definizione bonaria.
Il contribuente aveva, pertanto, appellato la decisione del primo giudice, ma la CTR rigettava il gravame con la decisione successivamente impugnata .
A proporre ricorso per cassazione sono stati, infine, gli eredi dell’artigiano successivamente deceduto, sostenendo che lo scostamento tra il reddito dichiarato dal loro congiunto e quello presunto in base all’applicazione dello studio di settore, era dovuto alla grave patologia cardiaca che lo aveva colpito, che aveva reso necessario l’esecuzione di un intervento chirurgico per l’installazione di tre by-pass aorto-coronarici; e a seguito del quale, gli veniva riconosciuta l’invalidità civile totale.
La Corte di Cassazione (Quinta Sezione, sentenza n. 5795/2020) ha accolto il ricorso perché fondato.
L’accertamento basato sugli studi di settore impone che l’Ufficio debba tener conto delle specifiche condizioni oggettive e soggettive in cui sia realmente svolta l’attività oggetto di verifica.
L’Ufficio è perciò, tenuto a dar conto di tutti gli aspetti e circostanze dedotti dal contribuente, che hanno potuto ridurre la redditività dell’impresa e giustificare lo scostamento rilevato, superando la presunzione di “grave incongruenza”.
La giurisprudenza ha, infatti, più volte affermato che: “in tema di accertamento basato sugli studi di settore, anche alla luce della giurisprudenza eurocomunitaria il presupposto della “grave incongruenza” di cui all’art. 62 sexies, comma 3 del d.l. n. 331 del 1993 è necessario anche per gli avvisi di accertamento notificati dopo il 1° gennaio 2007, in quanto l’art. 10, comma 1, della l. n. 146 del 1998, pur dopo le modifiche apportate dall’art. 1, comma 23, della l. n. 296 del 2006 (in vigore dal 1° gennaio 2007), continua a fare riferimento al detto art. 62 sexies, che pertanto, non può ritenersi implicitamente abrogato (Sezione Quinta, n. 8854/2019).
Pertanto, l’Ufficio avrebbe dovuto, anche nel caso in esame, valutare e dar conto delle ragioni per le quali, malgrado la particolare vicenda personale del contribuente, lo scostamento riscontrato configurasse “grave incongruenza”.
Era pacifico, infatti, che la sopravvenuta severa e documentata patologia cardiaca e l’intervento chirurgico conseguente, avessero colpito l’artigiano proprio nel periodo in accertamento, determinando, in quell’anno, il suo totale impedimento al lavoro, con grave compromissione del potenziale reddituale della sua impresa.
Era poi, inverosimile che la invalidante condizione si fosse protratta per un periodo successivo breve, necessario prima alla degenza e poi alla riabilitazione, senza che mai fosse intervenuta alcuna ripresa.
Infatti, l’Autorità sanitaria, nella seduta della commissione medica tenuta a pochi mesi dall’intervento chirurgico cui si era sottoposto il contribuente, aveva dichiarato sussistenti tutte le condizioni per considerare il soggetto in questione “invalido civile ultrasessantacinquenne con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età” addirittura “con necessità di assistenza continua, non essendo in grado di compiere atti quotidiani della vita”.
Inoltre, trattandosi, quella svolta dal de cuius, di un’attività artigianale, da lui condotta personalmente come unico titolare, era ragionevole ritenere che il suo apporto propulsivo fosse decisivo e implicante un diretto ed assorbente coinvolgimento in termini di presenza e di impegno fisico. Il suo ruolo prevalente era desumibile anche dal fatto che egli si avvalesse di un solo collaboratore, con qualifica di operaio generico. Qualifica che verosimilmente escludeva la fungibilità di quest’ultimo col titolare e la sua autonomia gestionale.
Era quindi ragionevole ritenere come l’evento, che aveva colpito il contribuente avesse, enormemente e irreversibilmente, ridotto l’attività e la redditività dell’impresa.
La Corte di Cassazione ha anche affermato che “in tema di accertamento mediante l’applicazione degli studi di settore, ove il contribuente, in sede di contraddittorio preventivo, contesti l’applicazione dei parametri allegando circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale dagli “standards” previsti, l’Ufficio, ove non ritenga attendibili le stesse, è tenuto a motivare adeguatamente l’atto impositivo sotto tale profilo” (Sezione Quinta, n. 13908/2018).
Nel caso in esame, dunque, l’amministrazione avrebbe dovuto esplicitare le ragioni per cui i motivi dedotti dal contribuente, malgrado la documentata gravità e le pacifiche conseguenze invalidanti non transitorie derivatene, non fossero state idonee a superare, se non in parte, la presunzione su cui era basato l’atto impositivo.
La decisione
Il Supremo Collegio ha anche aggiunto che “l’accertamento standardizzato, riferito ad una elaborazione statistica su specifici parametri, di per sé soggetta ad approssimazioni proprie dello strumento statistico, deve necessariamente essere adeguato alla realtà reddituale del singolo contribuente, potendo solo in tal modo emergere gli elementi idonei a commisurare la “presunzione” alla concreta realtà economica dell’impresa”.
Di tali principi di diritto non aveva fatto corretta applicazione la CTR che aveva condiviso solo in misura parziale lo scostamento; per queste ragioni, il ricorso è stato accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla CTR Lazio, in diversa composizione, per un nuovo esame.
La redazione giuridica
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