Il Giudice di Pace rigettava la domanda risarcitoria dell’automobilista che lamentava di aver subito danni a causa della tettoia sporgente dell’autocarro, invece la Corte di Appello accoglieva la domanda però nei limiti del 70% di responsabilità.
La vicenda
L’automobilista assumeva di avere subito danni personali e materiali in conseguenza del sinistro verificatosi in Mugnano di Napoli, quando al suo veicolo Renault venne sbarrato il transito dalla tettoia sporgente dell’autocarro OM.
Il Giudice di Pace rigettava la domanda e l’automobilista propone appello deducendo la errata valutazione della prova testimoniale che aveva confermato il fatto storico come prospettato in citazione, nonché l’errata valutazione della documentazione medica e delle risultanze della CTU. Il Tribunale di Napoli Nord, in qualità di Giudice di Appello, ha dichiarato la concorrente responsabilità dell’automobilista nella misura del 70%, e dell’autocarro nella misura del 30%, nella produzione del sinistro, condannando proprietario e conducente di quest’ultimo al pagamento dell’importo di 735,84 euro.
Il ricorso in Cassazione inammissibile per tardività
La questione arriva in Cassazione che ritiene inammissibili le censure (Cassazione Civile, sez. III, 01/03/2024, n.5523).
Il Collegio rileva preliminarmente che la sentenza impugnata non reca la data di pubblicazione e nemmeno il numero di pubblicazione. Inoltre, la copia depositata in via telematica, sempre affetta da dette carenze, non presenta alcun segno idoneo a farla ritenere estratta da una sede telematica.
Ebbene, avuto riguardo alla data di deliberazione, avvenuta il 20 luglio 2019, che è l’unica fatta constare, e considerato che non risulta dimostrata l’indicata data di pubblicazione, una volta calcolato il termine semestrale ex art 327 c.p.c., esso, al lordo della sospensione feriale di 31 giorni dell’agosto 2019 e dunque aggiungendoli al semestre consumatosi il 20 gennaio 2020, risulta scaduto il 20 febbraio 2020, mentre il ricorso è stato notificato il giorno 21.
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per tardività, in quanto, non essendo provata la data di pubblicazione della sentenza e dovendo al più essa identificarsi in quella di deliberazione, atteso che il deposito e la pubblicazione sarebbero potuti seguire quello stesso giorno, non risulta dimostrata la tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione.
Ad ogni modo, le censure sono inammissibili perché si fondano su atti processuali di cui non viene riprodotto il contenuto, né in via diretta né in via indiretta, rinviando all’atto stesso con indicazione della parte corrispondente all’indiretta riproduzione.
Avv. Emanuela Foligno