Torsione testicolo sinistro e omessa diagnosi (Tribunale Benevento, sez. II, 30/01/2023,  n.279).

Incompleto iter diagnostico e omessa diagnosi di torsione del testicolo sinistro.

I genitori del paziente minorenne citano a giudizio l’Azienda Sanitaria onde vederne accertata la responsabilità per le lesioni personali subite in seguito ad un erroneo completamento dell’iter diagnostico dei sanitari in sede di accesso al PS da parte del minore, avvenuto in data 22.01.2017.

In particolare, gli attori deducono che il paziente veniva dimesso con diagnosi di epididimite, terapia farmacologica e con consiglio di sottoporsi a visita urologica. Successivamente, dopo altro accesso al PS, veniva disposto il ricovero in chirurgia per torsione del testicolo sinistro con intervento urgente di Orchiectomia sinistra.

Secondo gli attori sussisterebbe nesso di causalità tra la patologia e l’operato dei sanitari in sede di primo accesso del paziente al P.S. in quanto la sintomatologia e l’obiettività clinica orientavano palesemente, già in tale sede, verso una sofferenza testicolare sinistra, diagnosticata e correttamente trattata chirurgicamente soltanto in sede di secondo accesso in Ospedale.

L’Azienda sanitaria evidenzia, invece, che la torsione del testicolo, diagnosticata in sede di secondo accesso al P.S., non poteva essere diagnosticata in sede di primo accesso, stante il corretto approccio diagnostico e terapeutico operato dai sanitari in tal sede.

I CTU  hanno evidenziato che soltanto in sede di secondo accesso veniva effettuata sul paziente visita specialistica urologica (che in sede di primo accesso veniva soltanto consigliata al paziente al momento delle dimissioni), dopo circa sei giorni dall’insorgenza della sintomatologia, ed in tal sede venivano, altresì, effettuati esame ecografico ed ecocolor-doppler le cui risultanze portavano alla diagnosi definitiva di “torsione del testicolo sinistro” e conseguente immediato intervento di “orchiectomia sx”.

Ed ancora, si legge nell’elaborato peritale: “era opportuno approfondire, nel corso del primo accesso in Pronto Soccorso 22.01.2017, gli accertamenti clinici con esame strumentale, ecolor-doppler testicolare, che avrebbe permesso di porre diagnosi di certezza e quindi evitare la successiva orchiectomia. Le buone pratiche mediche, all’epoca dei fatti (2017) ed ancora oggi, prevedono che: “ogni tumefazione scrotale dolente deve essere considerata una torsione di funicolo fino a prova contraria”. Ciò, nel caso oggetto di causa, non fu fatto. Esplorare chirurgicamente un paziente affetto da orchiepididimite (errore falso positivo) non comporta particolari conseguenze mentre trattare con terapia medica una torsione del funicolo (errore falso negativo) comporta la perdita del testicolo.

I CTU, dunque, hanno evidenziato che una diagnosi precoce in sede di primo accesso al P.S. avrebbe evitato la successiva orchiectomia ed, infatti: “In sintesi, una diagnosi precoce, possibile mediante esame ecocolor doppler avrebbe permesso un trattamento terapeutico precoce con elevata probabilità, prossima alla certezza, di evitare la successiva orchiectomia. Nel caso oggetto di causa la negligenza è stata duplice: il sanitario di P.S: ha sottovalutato la sintomatologia clinica dolorosa a livello scrotale (cfr testicolo sinistro) senza ritenere utile un’eventuale consulenza specialista urologica ma soprattutto, il radiologo, ha omesso di approfondire l’ecografia mediante eco-color-doppler. L’indicazione a tale esame strumentale (non invasivo) in caso di scroto acuto è assoluta. In sintesi, per quanto esposto in precedenza si può concludere che nella vicenda clinica che ha visto protagonista il periziando si sono osservati profili di responsabilità colposa nell’operato dei sanitari (sia il medico di Pronto Soccorso e sia, soprattutto, il radiologo/ecografista), che ebbero in cura il paziente nel corso dell’accesso al Pronto Soccorso del P.O. “

Sotto il profilo controfattualei Consulentihanno indicato l’alternativa congrua che avrebbero dovuto seguire i sanitari per evitare la successiva asportazione del testicolo con intervento urgente, ovvero evitando di sottovalutare la sintomatologia clinica dolorosa a livello scrotale in sede di primo accesso al P.S., con la conseguente mancata contestuale diagnosi.

In ordine alla quantificazione del danno biologico, viene accertata la percentuale del 12%. Il Giudice, pertanto, liquida al danneggiato euro  27.236,00 a titolo di danno non patrimoniale derivante da lesione permanente dell’integrità psico-fisica;  euro 1.881,00 a titolo di danno biologico temporaneo (così suddiviso: E 396,00 per 4 gg di ITT ed E 1.485,00 per 30 gg di ITP al 50%, calcolato tenendo conto del fatto che l’importo liquidabile pro die, è pari ad E 99,00), per un totale di euro 29.117,00. Il tutto, oltre all’importo di euro 6.000,00 per le spese future inerenti la crioconservazione del liquido seminale.

Respinto, invece, l’aumento per la personalizzazione del danno in assenza di prove prodotte circa un concreto pregiudizio arrecato alla vita di relazione del minore in seguito all’evento,  in considerazione del fatto che i consulenti hanno considerato anche il danno estetico e psicologico.

Per quanto concerne il danno jure proprio patito dai genitori del macroleso, il Giudice evidenzia (richiamando Cass. 7748/2020) che : “Il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall’altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta. Ciò in quanto assume un rilievo primario il rapporto di parentela stretta tra i congiunti e la vittima, tuttavia, il danneggiato non ha perduto la sua autonomia nella gestione della vita quotidiana, né ha bisogno dell’aiuto, o di cure costanti, da parte dei genitori, di talchè vi è assenza di pregiudizi per i familiari.

Avv. Emanuela Foligno

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