Legittimo il fermo dell’uomo indagato per la cosiddetta truffa dello specchietto, se trovato anche “non nell’immediatezza dei fatti” ma ancora in possesso di tracce del reato

In tema di arresto in flagranza di reato, l’integrazione dell’ipotesi di c.d. “quasi flagranza” costituita dalla “sorpresa” dell’indiziato “con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima” non richiede che la polizia giudiziaria abbia diretta percezione della commissione del reato, essendo sufficiente l’immediata percezione delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato. Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza n. 27229 pronunciandosi sul ricorso della Procura contro la mancata convalida, da parte del Tribunale, dell’arresto di un uomo, indagato per il reato di truffa aggravata consistita nel simulare un sinistro stradale ottenendo dalla persona offesa la somma di 100 euro (cosiddetta truffa dello specchietto).

Il Tribunale aveva ritenuto non sussistenti i presupposti della quasi flagranza del reato, tenuto conto che l’arresto era intervenuto “non nell’immediatezza dei fatti, bensì ad una certa distanza temporale dagli stessi ed in conseguenza delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, nonché di successiva ed ulteriore attività di indagine volta alla ricerca dell’autore del fatto”.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il Procuratore della Repubblica eccepiva che il Giudice a quo non avesse ritenuto sussistente lo stato di quasi flagranza del reato, omettendo di tenere in considerazione che l’arresto era avvenuto a distanza di circa un’ora dal fatto, dopo un inseguimento e quando l’indagato era ancora in possesso di tracce del reato. Più in particolare, dopo la chiamata al 113 del fratello della vittima, l’indagato era stato arrestato quando ancora indossava lo stesso abbigliamento descritto dalla persona offesa, alla guida della medesima autovettura utilizzata per commettere il delitto con lo specchietto appositamente modificato per simularne la rottura. L’indagato, peraltro, aveva successivamente reso piena confessione in sede di interrogatorio.

Gli Ermellini hanno ritenuto fondata la doglianza proposta.

Dalla ricostruzione operata dal Tribunale, infatti, risultava che l’indagato fosse stato arrestato dopo appena un’ora dalla truffa, sulla base di una segnalazione telefonica della sorella della persona offesa senza che la polizia giudiziaria avesse avuto diretta percezione del fatto. Il successivo intervento delle forze dell’ordine, pertanto, sebbene fosse avvenuto dopo poco tempo, non aveva configurato un caso di “inseguimento”, nell’accezione del termine utilizzato dall’art. 382 cod. proc. pen., che presuppone la diretta percezione del delitto da parte della polizia giudiziaria.

Tuttavia, l’indiziato, poi reo confesso, era stato trovato, senza apprezzabile lasso temporale dal fatto, ancora in possesso di una traccia chiara ed inequivocabile del reato, costituita dal possesso di una autovettura con uno specchietto conformato in modo da poter eseguire il raggiro della specifica truffa che era stata segnalata dalla sorella della vittima. Da li la decisione di annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata e dichiarare legittimo l’arresto operato.

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