Non è richiesta l’effettuazione delle analisi ematologiche, essendo sufficienti i risultati degli esami dei liquidi biologici dimostrativi dell’avvenuto uso di sostanze stupefacenti
Con l’ordinanza n. 25007/2020 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un automobilista contro la pronuncia del tribunale confermava la decisione del Giudice di pace dichiarando la legittimità della sospensione della patente di guida, disposta dal Prefetto ai sensi del primo comma dell’art. 223, D.LGS. 285/1995, per aver l’opponente circolato in stato di alterazione prodotto dall’uso di sostanze stupefacenti.
Il Tribunale, nello specifico, evidenziava che “l’adottato provvedimento di sospensione della patente costituisce misura preventiva e cautelare, volta ad impedire pericoli da parte di soggetti a cui carico sussistano fondati elementi di responsabilità in ordine ad eventi lesivi dell’incolumità altrui”; si tratta, dunque, “di misura diversa dalla sanzione accessoria della sospensione della patente disposta a seguito del definitivo accertamento di un reato, giustificandosi un’autonoma valutazione dei relativi presupposti applicativi”.
La pronuncia evidenziava, inoltre, che il ricorrente era alla guida del veicolo al momento del sinistro e che l’esame tossicologico aveva dato esito positivo, attestando l’uso di sostanze stupefacenti, nello specifico l’assunzione di cocaina con un tasso superiore a 600 ng/ml, escludendo che l’assoluzione in sede penale fosse vincolante nel giudizio di opposizione, non avendo il Prefetto partecipato al giudizio penale.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte l’uomo lamentava che il tribunale, in violazione del divieto del ne bis in idem, avesse confermato la sospensione della patente di guida in base al mero riscontro delle condotte sanzionate dagli artt. 141 e 143 del codice della strada, per le quali gli era stata già applicata la sospensione della patente per 30 giorni, senza accertare gli ulteriori presupposti della guida in stato di alterazione psicofisica, cagionato dall’uso di stupefacenti di cui al successivo art. 187.
Detta sospensione – per il ricorrente – sarebbe stata confermata solo in base ai risultati dell’esame di laboratorio delle urine, da cui poteva desumersi solo il pregresso consumo di cocaina ma non anche lo stato di alterazione del conducente al momento della guida.
Gli Ermellini hanno tuttavia ritenuto infondato il motivo di doglianza.
Lo stesso ricorrente aveva infatti chiarito che la prima contestazione, che aveva dato luogo alla sanzione accessoria della sospensione della patente per 30 gg., era scaturita dall’aver egli circolato senza tenere la destra e per aver viaggiato ad una velocità non adeguata in relazione alle caratteristiche del tratto stradale.
Il fatto sulla base del quale era stata applicata la sospensione cautelare consisteva – invece – nell’ipotesi regolata dall’art. 187 del codice della strada, che punisce la condotta di guida in stato di alterazione determinata dall’uso di stupefacenti, aggravata, nello specifico, dal fatto di aver provocato un incidente con lesioni personali all’altro soggetto coinvolto.
Pertanto – hanno specificato dal Palazzaccio- non sussiste la violazione del divieto del ne bis in idem, data l’oggettiva diversità dei fatti contestati, giustificativi delle due diverse misure, dovendo inoltre evidenziarsi che il superamento dei limiti di velocità e le altre violazioni contestate al ricorrente (e dalle quali è conseguita la sospensione della patente per gg. 30) non erano state affatto ritenute elementi del diverso l’illecito di cui all’art. 187, d.lgs. 285/1992, ma erano state prese in considerazione quali indizi dello stato di alterazione, desunto – del tutto legittimamente – sia dalle riscontrate anomalie nella guida del veicoli, sia dai risultati delle analisi di laboratorio.
La Cassazione ha poi sottolineato che le sanzioni accessorie alla commissione di un fatto punito dal codice della strada si distinguono dalla misura disposta dal prefetto ai sensi dell’art. 223 del medesimo codice.
Quest’ultima è provvedimento di natura cautelare che ha carattere necessariamente preventivo rispetto all’accertamento dell’illecito penale, strumentalmente e teleologicamente teso a tutelare con immediatezza l’incolumità e l’ordine pubblico, impedendo che il conducente continui nell’esercizio di un’attività palesatasi come potenzialmente rischiosa.
Pur avendo la sospensione natura cautelare e carattere preventivo, essa può essere adottata solo in presenza di fondati elementi di un’evidente responsabilità che devono riguardare non solo il consumo di sostanze stupefacenti, ma anche la conduzione del mezzo in condizione di alterazione psicofisica, da accertare in base ad una valutazione necessariamente sommaria, giustificata dall’urgenza di provvedere. Non è richiesta, a tal fine, l’effettuazione delle analisi ematologiche, essendo sufficienti i risultati degli esami dei liquidi biologici dimostrativi dell’avvenuta assunzione dello stupefacente, unitamente all’apprezzamento delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificato. Rileva, inoltre, uno stato di coscienza semplicemente modificato dall’assunzione delle predette sostanze, che non coincide necessariamente con una condizione di effettiva intossicazione.
Nel caso in esame la sentenza impugnata aveva correttamente valorizzato sia i valori dell’esame delle urine, che avevano fatto emergere una rilevante presenza di cocaina, sia le concrete modalità di verificazione del sinistro, caratterizzate da anomalie riconducibili logicamente ad una condizione psicofisica alterata (velocità eccessiva, violazione dell’obbligo di tenuta della destra), sì da potersi ritenere sussistenti fondati elementi di responsabilità in relazione all’ipotesi regolata dal menzionato art. 187.
La redazione giuridica
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