Respinto il ricorso di un cittadino riconosciuto vittima del dovere che si era visto riconoscere una invalidità del 12% con conseguente carenza del requisito sanitario minimo per il riconoscimento del vitalizio
Nel giudizio in materia d’invalidità il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione. Lo ha ribadito la Cassazione con l’ordinanza n. 27826/2021 pronunciandosi sul ricorso di un cittadino che si era visto riconoscere una invalidità del 12% quale vittima del dovere, mentre si era visto respingere la domanda di assegno vitalizio per carenza del requisito sanitario minimo (25%).
Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente deduceva ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. violazione di legge per aver la Corte di merito omesso di applicare le tabelle ex lege 915/78 e di indicare i codici delle patologie riscontrate.
Gli Ermellini hanno ritenuto il ricorso manifestamente infondato.
Dalla stessa sentenza infatti si deduceva che era stata fatta applicazione delle tabelle del 1978 e del dpr 181/09, e che era stata esclusa la perdita totale della funzionalità del dito (indicando le percentuali di invalidità e dunque ascrivendo sostanzialmente il danno alla tab. B e non alla 6.a categoria tabella A invocata). Né assumeva rilievo il richiamo del ctu alle tabelle di invalidità civile, richiamate solo al fine di verificare l’applicabilità del 5% aggiuntivo di invalidità rimesso alla discrezionalità del consulente, in quanto il detto richiamo era finalizzato ad una più favorevole tutela dell’assistito e non aveva avuto alcuna portata sostitutiva delle diverse tabelle applicate in conformità della legge.
Inammissibile, per la Cassazione, anche la doglianza relativa al fatto che il Giudice a quo avrebbe trascurato di valutare la perdita totale della funzionalità del pollice e la sua rilevanza ai fini lavorativi, in quanto la parte sostanzialmente intendeva far valere un mero dissenso diagnostico rispetto alle conclusioni peritali fatte proprie dal giudice, che avevano espressamente valutato (come molto modeste) le conseguenze funzionali della lesione al dito.
La redazione giuridica
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