Nell’ambito del contratto di locazione, il locatario non può sospendere o ridurre unilateralmente il pagamento del canone, salvo che non venga completamente meno la prestazione della controparte

I presunti vizi strutturali di un immobile non possono essere assunti come giustificazione per il mancato pagamento, da parte dell’inquilino, del canone d’affitto. Lo ha chiarito la Suprema Corte pronunciandosi su una controversia in materia di contratto di locazione.
Nel caso esaminato il proprietario dell’immobile aveva chiamato in giudizio il locatore al fine di ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento e il risarcimento del danno. Il locatario, a sua volta, si costituiva in giudizio, sostenendo che adducendo i gravi vizi strutturali dell’immobile quali motivo della mancata corresponsione del canone.
In primo grado il Tribunale aveva accolto le richieste del locatore, ma la sentenza veniva riformata in appello; il giudice di secondo grado, infatti, non riteneva sussistenti gli elementi necessari per la dichiarazione di inadempimento.
Di qui la decisione dell’inquilino di impugnare la decisione presso la Corte di Cassazione, evidenziando, nel suo ricorso, che, ai sensi dell’articolo n. 1578 del codice civile (relativo ai ‘vizi della cosa locata’), l’immobile versava in “condizioni di inutilizzo totale o comunque di godimento gravemente ridotto dell’immobile”. Ai sensi dell’articolo n. 1460 del codice civile (eccezione d’inadempimento), quindi, non avrebbe dovuto essere considerato moroso per il mancato pagamento dell’affitto.
La Corte di Cassazione, tuttavia, con la sentenza n. 18987 del 27 settembre 2016, ha respinto il ricorso ritenendolo infondato. Secondo i giudici di Piazza Cavour, la Corte d’appello aveva accertato l’insussistenza di vizi che diminuissero “in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito” dell’immobile locato.
L’inquilino, infatti, pur avendo pagato solo il primo canone di locazione, aveva continuato a fruire normalmente dell’immobile per oltre un anno svolgendovi l’attività commerciale cui lo era destinato e senza nulla segnalare al locatore in merito alle condizioni strutturali; tale circostanza ne dimostrava di per sè l’idoneità all’uso convenuto.
Gli Ermellini, inoltre, hanno osservato che come, in ogni caso, non esiste “un potere di autotutela del credito da parte del conduttore che, a fronte dell’inadempimento del locatore, decida di non corrispondere i canoni dovuti”.
Nel caso in questione, quindi, anche qualora vi fosse stata una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, l’inquilino non avrebbe potuto decidere unilateralmente di non pagare il canone o di ridurlo. Tale possibilità è legittima solamente nel caso in cui il conduttore venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, “costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti”.
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