Detenuto morto dopo aver perso 25 kg nel carcere Le Vallette di Torino, il 30 dicembre 2019, a 28 anni: quattro sanitari indagati

Detenuto morto dopo aver perso 25 kg, il 30 dicembre 2019, nel carcere Le Vallette di Torino. Come riporta Tgcom24, la vicenda è al vaglio della magistratura, che dovrà valutare la richiesta dei genitori del 28enne di non archiviare il fascicolo sulla sua morte.  Quando entrò in cella il giovane pesava 76 kg. Sette mesi dopo, al momento di essere stroncato da un’infezione polmonare, di chili ne aveva persi 25. In quel lasso di tempo, agli addetti del carcere avrebbe detto di non riuscire a mangiare, ma loro avrebbero pensato che fingesse. Al caso ha lavorato il procuratore aggiunto di Torino, Vincenzo Pacileo che, dopo aver giudicato superficiale la prima consulenza medico-legale sul decesso dell’uomo, ne aveva disposta una seconda contattando altri specialisti. Non erano emerse indicazioni sufficienti per sostenere l’accusa contro lo staff sanitario del carcere, in cui risultano quattro indagati. Ma gli stessi esperti avevano espresso qualche perplessità sul caso: il progressivo calo di peso dell’uomo avrebbe dovuto essere, hanno scritto, “contrastato diversamente, anche con l’ausilio di approfondimenti clinico-specialistici e di laboratorio”.

Secondo gli avvocati della famiglia, non fu la fame a uccidere il 28enne ma il deperimento, che avrebbe abbassato le difese immunitarie, rivestendo un “ruolo causale” nell’insorgenza della polmonite da Klebsiella che lo uccise.  Il detenuto era entrato alle Vallette ad aprile in regime di affidamento in prova dopo una condanna, ma aveva violato alcune regole perché, così aveva raccontato, dopo la morte della fidanzata era “andato in tilt”. Ai guai con la giustizia sommava il consumo di droghe. Una volta dietro le sbarre aveva cominciato a manifestare depressione, insonnia e soprattutto inappetenza.  Il 6 dicembre di due anni fa cadde a terra e venne portato al Pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria. Il 10 dicembre gli proposero il ricovero nel cosiddetto “repartino” del carcere, ma lui rifiutò affermando che c’erano solo malati psichiatrici, non era prevista l’ora d’aria e non era concesso fumare. Il 14 lo riportarono in Pronto soccorso e a quel punto non era più in grado di fare nessuna obiezione. Il primario ne certificò “l’estremo stato di denutrizione” e affermò che in 40 anni non aveva “mai visto niente di simile”. Il giorno stesso della morte, l’ufficio del Garante per i detenuti nel Comune di Torino inoltrò in procura una segnalazione.

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