Accolto il ricorso di una donna che si era vista respingere la domanda volta all’accertamento del diritto all’accompagnamento

La Cassazione, con l’ordinanza n. 27252/2021, si è pronunciata sul ricorso di una cittadina che si era vista rigettare, in sede di merito, la domanda di accertamento del diritto all’accompagnamento. La donna aveva contestato le conclusioni del C.t.u. nominato in sede di A.T.P. ai sensi dell’art. 445bis c.p.c., senza poi formulare tempestive osservazioni, una volta rinnovata dal Tribunale, alla bozza di consulenza (che ne aveva accertato l’affezione da patologie varie, quali diabete mellito tipo 2 con neuropatia diabetica, ipertensione arteriosa, osteoporosi, sindrome ansioso-depressiva ed altre, senza tuttavia riconoscerne lo stato di portatrice di handicap in situazione di gravità ai sensi della legge 104/1992), ma instando soltanto all’udienza successiva per la rinnovazione della C.t.u. in funzione dell’accertamento del suindicato diritto; il tutto senza peraltro avere a ciò fatto alcun riferimento in precedenza, ma soltanto all’accertamento dello status di portatrice di handicap in situazione di gravità.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente deduceva violazione e falsa applicazione, anche come error in procedendo, degli artt. 112 c.p.c., 2697 c.c., in relazione all’art. 445bis c.p.c., per inosservanza del principio di corrispondenza del chiesto al pronunciato, avendo il Tribunale reso una pronuncia di rigetto del ricorso in ordine ad altro accertamento (inesistenza di handicap grave), eccentrico rispetto alla domanda di riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento.

Gli Ermellini hanno ritenuto fondato il motivo del ricorso.

La donna, infatti, aveva richiesto l’indennità di accompagnamento, sia con il ricorso ai sensi dell’art. 445bis, primo comma c.p.c., sia in sede di contestazione ex art. 445 bís, comma 4, sia infine con l’atto introduttivo del giudizio, a norma dell’art. 445bis, sesto comma c.p.c.: del che anche il Tribunale aveva dato atto. Ciononostante, esso aveva ritenuto che la ricorrente non avesse reiterato la domanda in sede di consulenza tecnica, in assenza di osservazioni alla bozza di consulenza tecnica d’ufficio rinnovata in ambito giudiziale e che aveva limitato il proprio accertamento allo stato di portatrice di handicap in situazione di gravità ai sensi dell’art. 104/1992, soltanto all’udienza successiva avendo instato per la rinnovazione della C.t.u., considerata la risposta dell’ausiliario “ad un quesito non coerente con il ricorso introduttivo atteso che la sussistenza dell’handicap in situazione di gravità in capo alla ricorrente … già … riconosciuta in sede di ATPO e dovendosi quindi il presente giudizio essere riferito ai soli presupposti per il riconoscimento della indennità di accompagnamento”.

In tema di consulenza tecnica di ufficio, la mancata prospettazione al consulente tecnico di ufficio di rilievi critici alla relazione, a chiusura con il suo deposito del relativo sub-procedimento, in difetto di esplicita previsione, non preclude alla parte di arricchire e meglio specificare le relative contestazioni difensive nel successivo corso del giudizio, anche in sede di gravame, laddove tale accertamento sia stato posto a base della decisione di primo grado: sicché, la mancata reiterazione in sede di (secondo) accertamento peritale della domanda formulata non ha l’effetto preclusivo erroneamente ritenuto dal Tribunale.

La redazione giuridica

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