Il lavoratore infortunato instaura giudizio nei confronti dell’INAIL per ottenere l’adeguamento della rendita da infortunio in itinere in godimento dal 30% al 48%.
Il Tribunale di Firenze rigetta la domanda perché la domanda di aggravamento era stata proposta decorso il termine di dieci anni di cui all’art. 83 del T.U.
La Corte di appello di Firenze ha confermato il primo grado osservando che la domanda di adeguamento della rendita doveva essere qualificata come richiesta di aggravamento degli esiti dell’infortunio in itinere sofferto dal lavoratore. I giudici hanno accertato che la patologia epatica era conseguente alle trasfusioni cui l’assicurato era stato sottoposto in occasione dell’infortunio ed ha ritenuto perciò che in relazione a tale causa petendi il diritto alla prestazione era precluso per effetto del decorso dei dieci anni dall’infortunio (infortunio del 1975 e patologia epatica manifestatasi nel 2010 e diagnosticata nel 2014).
Secondo i Giudici di appello non poteva applicarsi l’art. 80 del D.P.R. n. 1124 del 1965 in quanto, pur emersa a distanza di anni dall’infortunio, la patologia epatica era pur sempre effetto di una modifica peggiorativa delle condizioni fisiche dell’infortunato collegata a quell’evento e che non era ravvisabile un nuovo evento lavorativo che consentisse l’unificazione dei postumi.
Sempre secondo i Giudici di merito, diversamente dal caso in cui vi sia stata una protratta esposizione al fattore di rischio che giustifica l’insorgere di nuove patologie valutabili ai sensi dell’art. 80 T.U., nel caso in esame si era verificato un aggravamento dei postumi dell’originario infortunio senza che fosse identificabile nella trasfusione subita un diverso rischio lavorativo.
Il ricorso in Cassazione
Il lavoratore si rivolge alla Corte di Cassazione e sostiene essere avvenuta una interpretazione errata dei principi affermati dalla giurisprudenza con i quali si era contemperato il principio di stabilizzazione dei postumi con il principio costituzionale, consacrato nell’art. 38 Cost., che tende ad assicurare all’infortunato mezzi adeguati alle esigenze di vita senza condizioni. Ad avviso del ricorrente valorizzando la causa sopravvenuta dell’unico infortunio si realizza un equilibrato riconoscimento del diritto alla salute.
Sostiene, inoltre, la violazione dell’art. 83 del T.U. e dell’art. 2935 c.c. con riguardo alla decorrenza del termine prescrizionale poiché che lo stesso può decorrere solo dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, e dunque per le malattie infettive da quando viene percepita come conseguenza di un comportamento doloso o colposo sulla base delle conoscenze scientifiche e usando l’ordinaria diligenza. L’istanza era stata presentata il 18 marzo 2013, la visita era avvenuta l’11 aprile 2014 ed il procedimento era stato iniziato nel 2016 con la conseguenza che non era maturata la prescrizione.
La prima censura è fondata, assorbite le altre (Cassazione civile, sez. lav., 19/08/2024, n.22897).
Il diritto alla revisione e adeguamento della rendita INAIL
La Cassazione dà continuità al principio affermato con la sentenza n. 1048 del 2018 e pertanto il termine dettato dall’art. 83 del D.P.R. n. 1124 del 1965 per l’esercizio del diritto alla revisione e adeguamento della rendita INAIL si riferisce esclusivamente all’eventuale aggravamento derivante dalla naturale evoluzione dell’originario stato morboso. Laddove invece il maggior grado di inabilità dipenda da una concausa sopravvenuta, ma comunque collegata causalmente a quell’infortunio, deve essere applicata la disciplina dettata dall’art. 80 del D.P.R. citato.
L’art. 80 ha lo scopo di unificare in una unica rendita tutte le inabilità accertate in capo al medesimo soggetto.
- Nel primo comma si prevede che in favore del titolare di una rendita che sia colpito da un nuovo infortunio indennizzabile si costituisca un’unica rendita in base al grado di riduzione complessiva dell’attitudine al lavoro.
- Al secondo comma si dispone che qualora il nuovo infortunio, di per sé considerato, determini un’inabilità permanente non superiore al 10%, e tuttavia l’inabilità complessiva sia superiore a quella in base alla quale era stata liquidata la precedente rendita, si debba procedere alla liquidazione una nuova rendita che ne tenga conto unificando le conseguenze.
- Al terzo comma è prevista la possibilità di unificare in un’unica rendita le inabilità, ciascuna inferiore al minimo indennizzabile, quando queste tra loro cumulate lo raggiungano.
L’art. 83 al settimo comma prevede che la misura della rendita per inabilità possa essere rivista entro il termine di dieci anni dall’infortunio (quindici anni per il caso di malattia professionale).
La regola della stabilizzazione dei postumi
Ciò cristallizzato, per stabilire quando applicare la regola della stabilizzazione dei postumi occorre verificare se il peggioramento delle condizioni di inabilità, causalmente correlato a circostanze che originano sempre dall’originario infortunio, si inseriscano nella catena causale modificando la naturale evoluzione del processo morboso avviato dal medesimo infortunio oppure ne realizzino la naturale evoluzione.
Solo tale naturale evoluzione soggiace alla regola della stabilizzazione dei postumi; la concausa sopravvenuta e causalmente dipendente dall’infortunio si colloca logicamente al di fuori della regola di stabilizzazione dei postumi di cui al citato art. 83 settimo comma del D.P.R. n.1124 del 1965 e non ne consente l’applicazione (Corte Cost. n. 46 del 2010).
In sintesi, quando il maggior grado di inabilità dipenda da una concausa sopravvenuta, sempre necessariamente originata dalla lesione generata dallo stesso infortunio, deve trovare applicazione la disciplina dettata dall’art. 80 D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124. Il termine per l’esercizio del diritto alla revisione della rendita INAIL stabilito dall’art. 83 dello stesso D.P.R. si riferisce solo a quell’aggravamento che è identificabile come una naturale progressione dello stato morboso originario che per legge si intende stabilizzato una volta decorso il termine previsto dalla norma per esercitare il diritto alla revisione.
Avv. Emanuela Foligno