I chiarimenti del Garante della Privacy in ordine all’utilizzo sul luogo di lavoro di applicativi finalizzati a contenere la diffusione del Covid-19

Sono utilizzabili applicativi con funzionalità di “contact tracing” in ambito aziendale? E ancora, al fine di contenere il rischio di contagio sul luogo di lavoro sono disponibili applicativi che non trattano dati personali? Sono gli interrogativi a cui da risposta l’Autorità garante per la protezione dei dati personali con due Faq pubblicate sul proprio sito.

In particolare, il Garante della privacy sottolinea che la funzionalità di “contact tracing”, prevista da alcuni applicativi al dichiarato fine di poter ricostruire, in caso di contagio, i contatti significativi avuti in un periodo di tempo commisurato con quello individuato dalle autorità sanitarie in ordine alla ricostruzione della catena dei contagi ed allertare le persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi, è − allo stato − disciplinata unicamente dall’art. 6, d.l. 30.4.2020, n. 28. La norma prevede “al solo fine di  allertare  le  persone  che  siano  entrate  in contatto stretto con  soggetti  risultati  positivi  e  tutelarne  la salute attraverso le previste misure di prevenzione nell’ambito delle misure  di  sanità  pubblica  legate  all’emergenza   COVID-19” l’istituzione di “una piattaforma unica nazionale per la gestione del sistema di allerta dei soggetti che, a tal fine, hanno  installato,  su  base volontaria, un’apposita applicazione  sui  dispositivi  di  telefonia mobile”.

Quanto al secondo quesito la risposta dell’Autorità è invece affermativa. 

Nello specifico, il datore di lavoro può ricorrere all’utilizzo di applicativi, allo stato disponibili sul mercato, che non comportano il trattamento di dati personali riferiti a soggetti identificati o identificabili. Ciò nel caso in cui il dispositivo utilizzato non sia associato o associabile, anche indirettamente (es. attraverso un codice o altra informazione), all’interessato né preveda la registrazione dei dati trattati. Si pensi alle applicazioni che effettuano il conteggio del numero delle persone che entrano ed escono da un determinato luogo, attivando un “semaforo rosso” al superamento di un prestabilito numero di persone contemporaneamente presenti; oppure alle funzioni di taluni dispositivi indossabili che emettono un avviso sonoro o una vibrazione in caso di superamento della soglia di distanziamento fisico prestabilita (dunque senza tracciare chi indossa il dispositivo e senza registrare alcuna informazione); o ancora, ad applicativi collegati ai tornelli di ingresso che, attraverso un rilevatore di immagini, consentono l’accesso solo a persone che indossano una mascherina (senza registrare alcuna immagine o altra informazione).

In questi casi – specifica il Garante – spetta comunque al titolare verificare il grado di affidabilità dei sistemi scelti, predisponendo misure da adottare in caso di malfunzionamento dei dispositivi o di falsi positivi o negativi.

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