L’assegno divorzile ha funzione compensativa non solo di mantenimento

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L’assegno divorzile non ha solo funzione assistenziale, ma anche compensativa nei confronti del coniuge che ha rinunciato a lavorare per dedicarsi alla famiglia.

La sezione I della Cassazione Civile (13 dicembre 2023, n. 34924) ha rigettato il ricorso dell’ex marito che non voleva più pagare l’assegno alla ex moglie portando come prova la convivenza di lei con un nuovo compagno.

La vicenda giuridica

Il Tribunale di Cassino omologava la separazione personale tra i coniugi, con obbligo di versare alla ex moglie la somma di Euro 570,00 a titolo di mantenimento.

L’uomo, successivamente, agiva per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, chiedendo l’assegnazione in suo favore della casa coniugale e la revoca dell’assegno di mantenimento nei confronti della moglie. Il Tribunale pronunziava il divorzio e ritenuta raggiunta la prova della stabile convivenza della donna con un nuovo compagno, ne faceva discendere l’insussistenza del diritto di beneficiare dell’assegno divorzile.

La Corte d’Appello condannava, invece, l’ex marito a corrispondere alla ex coniuge la somma mensile di euro 400,00 e osservava che “la relazione stabile tra la donna e il nuovo compagno, ha determinato il venir meno della funzione assistenziale dell’assegno”, è rimasta, seppur solo in parte, “la funzione compensativa dell’assegno”. A tale proposito, “non è stato provato il depauperamento dell’ex marito in ragione del peggioramento delle sue condizioni fisiche, tenuto altresì conto che le maggiori spese da lui sostenute e correlate a tale condizione di salute, documentata dal 2018, debbono ritenersi coperte dalla percezione, a partire dalla stessa data, dell’indennità d’accompagnamento contestualmente a lui riconosciuta, e del maggior importo della pensione da lui percepita.”

La funzione compensativa dell’assegno divorzile

I Giudici di Appello danno importanza alla circostanza che la donna si è dedicata, per tutta la durata del matrimonio – oltre cinquant’anni – alla cura della famiglia e dei figli, non percependo alcuna pensione, né essendo, oggi, nelle condizioni di provvedere al proprio sostentamento, data l’età avanzata (oltre 75 anni) e non disponendo di ulteriori cespiti, oltre alla quota del 50 % della casa coniugale lasciata all’ex marito dietro corresponsione di una somma mensile pari a 350 euro, come da convenzione omologata in sede di separazione.

Per tali ragioni la donna ha diritto all’assegno divorzile, nella funzione compensativa, dal passaggio in giudicato della sentenza sullo status divorzile. Inutile l’ulteriore obiezione proposta in Cassazione dall’uomo e centrata sul reddito di cittadinanza percepito dall’ex moglie.

La Suprema Corte, infatti, stigmatizza il riferimento del ricorrente alla circostanza che la ex moglie percepiva il reddito di cittadinanza: “il riferimento al reddito di cittadinanza è del tutto irrilevante, anche alla luce della recente abrogazione della misura prevista dallo Stato”.

Pacifico il diritto dell’ex moglie a percepire l’assegno divorzile, soprattutto considerando il suo impegno durante il matrimonio per prendersi cura della famiglia e l’attuale sua precaria condizione economica, non avendo, vista l’età, prospettive in ottica lavorativa.

L’uomo, in buona sostanza, col ricorso presentato in Cassazione tende a rimettere in discussione la funzione compensativa attribuita all’assegno divorzile a favore dell’ex coniuge con argomentazioni afferenti, peraltro genericamente, alla insussistenza di tale diritto, dirette inammissibilmente a prospettare diverse interpretazioni della fattispecie ricostruita già dal Giudice del merito.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Avv. Emanuela Foligno

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