C’è concorso di colpa dell’automobilista, anche se il pedone ha attraversato con il rosso, perché la distanza era più che sufficiente per arrestare il veicolo (Cassazione Penale, sez. IV, dep. 26 marzo 2024, n. 12336).
I fatti
L’automobilista, alla guida dell’autovettura Fiat Bravo, procedeva a una velocità superiore ai 50 km/h consentita in quel tratto di strada e, giunto nei pressi di un attraversamento pedonale regolato da semaforo, investiva il pedone che stava attraversando la carreggiata procedendo da destra verso sinistra per la direzione di marcia dell’auto, ancorché il semaforo pedonale proiettasse luce rossa. L’urto avveniva tra la parte anteriore angolare sinistra dell’auto e gli arti inferiori del pedone che fu caricato sulla parte laterale sinistra del veicolo, urtava contro il parabrezza e veniva sbalzato sul manto stradale riportando gravi lesioni che ne causarono il decesso.
La vicenda giudiziaria
Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza del 25 ottobre 2021, aveva ritenuto responsabile per omicidio colposo l’automobilista per avere provocato la morte del pedone. Con sentenza del 20 settembre 2023, la Corte di Appello di Milano ha confermato il primo grado ma ridotto la pena in mesi 8 di reclusione.
L’automobilista lamenta che, a fronte del riconoscimento del concorso di colpa del pedone (che attraversava anche se il semaforo pedonale proiettava luce rossa), e della incertezza sulla velocità mantenuta dal veicolo (che il perito nominato dal Tribunale avrebbe determinato in 76 km/h con ragionamento ipotetico), i Giudici non avrebbero fornito adeguata motivazione in ordine alla possibilità di prevedere ed evitare l’investimento.
Le suddette critiche non superano il vaglio di ammissibilità della Cassazione. I Giudici di merito hanno accertato che l’investimento avveniva al centro della carreggiata e hanno adeguatamente motivato tale conclusione facendo riferimento ai danni riportati dalla macchina, collocati nella parte anteriore angolare sinistra, e alle dichiarazioni del teste che viaggiava in direzione opposta rispetto all’imputato e vedeva il pedone scendere dal marciapiede raggiungendo la seconda corsia della carreggiata opposta a quella che lui stava percorrendo.
Hanno osservato inoltre che, come emerso dalle dichiarazioni testimoniali che la vittima (di anni 79) non correva e, poiché la strada era rettilinea e adeguatamente illuminata, l’automobilista ben poteva avvistarlo. Inoltre, secondo i calcoli del CTU, se l’automobile avesse mantenuto una velocità conforme ai limiti, il conducente avrebbe avvistato il pedone da una distanza di 55,6 metri “distanza più che sufficiente ad arrestare il veicolo in tutta sicurezza prima dell’urto”.
I principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità
Considerando tutto ciò, i Giudici hanno correttamente escluso che il pedone possa essere apparso all’improvviso sulla strada e che l’impatto fosse inevitabile. Inoltre, pur riconoscendo il concorso di colpa della vittima (che attraversava col rosso), hanno ritenuto che, rispettando il limite di velocità e prestando la dovuta attenzione alla strada, l’imputato avrebbe potuto evitare l’evento.
La decisione dei Giudici di merito, pertanto, è conforme ai principi più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, in caso di investimento di un pedone, la responsabilità del conducente può essere esclusa solo quando la condotta della vittima si ponga come causa eccezionale e atipica, imprevista e imprevedibile, dell’evento e sia stata da sola sufficiente a produrlo.
La vittima camminava e non correva, i suoi movimenti erano agevolmente avvistabili dall’automobilista che procedeva lungo un tratto di strada rettilineo dotato di adeguata illuminazione, l’impatto avveniva al centro della carreggiata. Muovendo da queste premesse, la Corte territoriale ha chiarito che l’ostacolo rappresentato dal pedone non era in concreto imprevedibile, non solo per la presenza dell’attraversamento pedonale (pur regolato da impianto semaforico), ma soprattutto perché, quando avvenne l’impatto, la vittima aveva attraversato quasi interamente le due corsie dalle quali è composta la semicarreggiata che l’imputato stava percorrendo.
Conclusivamente, le censure proposte alla Corte di Cassazione non si confrontano criticamente con gli argomenti dei Giudici di merito, e non superano il vaglio di ammissibilità.
Avv. Emanuela Foligno