All’esito del giudizio abbreviato, il giudice adito aveva condannato gli imputati, responsabili del delitto di concorso in furto aggravato di un’auto

Secondo la ricostruzione dell’accusa, i due, in concorso tra loro e con ignoti, al fine di trarne profitto, si impossessavano di un’auto di proprietà della persona offesa presente in un parcheggio con l’aggravante della violenza sulla cosa e della esposizione a pubblica fede.

In appello, la condanna veniva confermata ma senza aggravante della violenza sulle cose.

La pena perciò veniva rideterminata in mesi otto di reclusione ed Euro 200 di multa, con la concessione del beneficio della concessione della sospensione condizionale per uno dei due imputati.

Il ricorso per Cassazione

Cos’è che non andava? Ebbene i giudici della corte d’appello nel rideterminare la sanzione inflitta ai due imputati non aveva escluso anche l’altra aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7 “se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla fede pubblica, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza”.

Si tratta della aggravante della cd. Fede pubblica. Con tale definizione si intendono tutte quelle cose che si trovano in una situazione per cui un numero indeterminato di persone possono venirne in contatto per una aspecifica causa, per necessità, per consuetudine o per destinazione naturale.

Ma in realtà, l’auto rubata si trovava all’interno del parcheggio di un Tribunale, che era recintato ed affidato da sempre ad un guardiano che aveva il compito di provvedere alla custodia e all’ispezione al suo interno, esercitando, pertanto, una sorveglianza diretta e continua sulle automobili. Era inoltre attivo un sistema di videosorveglianza funzionante ininterrottamente, giorno e notte.

L’aggravante della fede pubblica

Ebbene i giudici della Cassazione, investititi del vaglio di legittimità della pronuncia impugnata, hanno accolto il ricorso dei due difensori, chiarendo che per pubblica fede deve intendersi il senso di affidamento verso la proprietà altrui sul quale ripone colui che deve lasciare una cosa, anche solo temporaneamente incustodita (Sez. 4, n. 5113 del 17/11/2007).

L’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7 non è correlata tanto alla natura pubblica o privata del luogo in cui si trova la cosa ma alla condizione di esposizione di essa alla pubblica fede, trovando così protezione sotto il profilo del rispetto per l’altrui bene da parte di ciascun consociato.

Ne consegue che tale circostanza può sussistere anche se la cosa si trovi in un luogo privato al quale, per mancanza di recinzioni o di continua e diretta sorveglianza, si possa liberamente accedere senza che rilevi l’adozione o meno da parte del proprietario di cautele, quali, nell’ipotesi di autoveicolo, la chiusura delle porte e dei vetri, il blocco delle serrature o dello sterzo et similia facilmente superabili, stante la correlazione tra affidamento e dovere dei cittadini di astenersi dall’approfittarne (Sez. 5, n. 15009 del 22/02/2012).

Né, d’altra parte, può valere a escluderla la mera presenza di un sistema di videoregistrazione il quale, ancorché consenta la conoscenza postuma delle immagini registrata dalla telecamera, non costituisce, di per sé, una difesa idonea a impedire la consumazione dell’illecito attraverso un immediato intervento ostativo, non garantendo l’interruzione immediata dell’azione criminosa (Sez. 2, n. 2724 del 26/11/2015; Sez. 5, n. 6682 del 08/11/2007).

La decisione

Ora, nel corso del giudizio era emerso che l’autovettura oggetto di furto, nel momento in cui ebbe ad essere sottratta al legittimo proprietario, si trovava presso il parcheggio privato annesso al Tribunale accessibile solo ai magistrati, agli avvocati e agli operatori giudiziari.

Tale luogo era delimitato da una recinzione e da un cancello di accesso e affidato al costante controllo di un custode.

Inoltre, a tutela di detto luogo, era in funzione un sistema di telecamere destinato a vigilare sull’intero edificio continuativamente, giorno e notte. Del resto proprio tale sistema di controllo aveva consentito agli agenti di pubblica sicurezza di identificare gli autori del furto.

Tale circostanza esclude a priori l’esistenza della contestata aggravante di cui all’art. 625 n. 7 c.p.

La sentenza impugnata è stata perciò annullata.

La redazione giuridica

 

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