Caduta sul marciapiede e onere delle prove in ambito di danno cagionato da cose in custodia (Cass. Civ., sez. VI – 3, Ordinanza 1 febbraio 2022, n. 3041).
Caduta sul marciapiede: la Suprema Corte ha statuito che “Una volta accertata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima del danno da cose in custodia, ciò non basta di per sé ad escludere la responsabilità del custode (…)”.
Caduta sul marciapiede: la Suprema Corte ha esaminato il ricorso proposto dal danneggiato contro una società di Monza, per una caso riguardante la responsabilità civile da cose in custodia.
Il ricorrente agiva in giudizio dinanzi il Tribunale di Monza, a seguito di una caduta sul marciapiede, contestando l’omessa manutenzione dello stesso, che gli avrebbe procurato varie lesioni.
Sia il Tribunale di Monza che la Corte d’appello di Milano, rigettavano la domanda.
In Cassazione il danneggiato contesta che la sentenza impugnata abbia reso una motivazione apparente, in quanto avrebbe censurato la parte relativa all’imprevedibilità/invisibilità dello stato del manto di copertura della strada, senza tenere conto del fatto che i danni lamentati erano riconducibili al dislivello presente che provocava la caduta sul marciapiede.
Il motivo è fondato in quanto, nel rigettare la domanda risarcitoria, sulla base dell’insussistenza dell’intrinseca pericolosità del dislivello (quale causa della caduta sul marciapiede del ricorrente), la Corte d’Appello avrebbe -erroneamente- posto a carico dello stesso un onere che non gli apparteneva.
Difatti, non spetta al ricorrente fornire prova dell’imprevedibilità e dell’evitabilità dell’insidia del marciapiede: “una volta accertata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima del danno da cose in custodia, ciò non basta di per sé ad escludere la responsabilità del custode (…)” (Cass. n. 26524/2020).
Nel caso esaminato, il vizio di motivazione è ipotizzato con riferimento alla dedotta “imprevedibilità/invisibilità dello stato del manto di copertura della strada”, con particolare riferimento “al dislivello tra la bocca di lupo-grata e l’ asfalto”, oltre che dalla “stessa dinamica del sinistro”.
La Corte d’Appello di Milano è pervenuta alla conclusione della non configurabilità di un’insidia imprevedibile e invisibile sulla base di una serie di rilievi che non integrano l’ipotesi dell’impiego di “argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice”.
La presenza di pioggia battente al momento del sinistro non impediva al danneggiato di rendersi conto della presenza dell’avvallamento, dovendo, anzi, proprio il ristagno d’acqua allertarlo a una condotta prudente e avveduta.
Ed ancora, la circostanza che il danneggiato abitasse nelle immediate vicinanze del luogo della caduta, renderebbe difficile ipotizzare che quei tratto di strada fosse inconsueto e dunque sconosciuto.
Ciò posto, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., è configurabile nell’ipotesi in cui il Giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni.
Ebbene, la sentenza impugnata, nel rigettare la domanda risarcitoria sul presupposto dell’insussistenza dell’intrinseca pericolosità del dislivello che provocava la caduta dal marciapiede “non essendo stata provata l’imprevedibilità dell’insidia”, ha posto a carico dell’odierna ricorrente – tenuta alla prova del solo nesso causale tra “res” ed evento dannoso – un onere che non le incombeva, non essendo chi agisce ex art. 2051 c.c. tenuto a fornire la prova “dell’imprevedibilità e non evitabilità dell’insidia o del trabocchetto”.
Non si può discorrere di ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell’esclusione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227 c.c., commi 1 o 2), richiedendosi, per l’integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra- la cosa in custodia e il danno”.
Pertanto, la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti il secondo e il terzo, e cassa in relazione la sentenza impugnata rinviando alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione.
La redazione giuridica
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