Convegno sulla responsabilità medica: onere della prova dopo la legge Balduzzi

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In un momento assai delicato in cui si minaccia la «spending review» sugli eccessi nella sanità italiana, riguardo le prescrizioni e prestazioni più generiche (che presto saranno limitate in una «black list») a pagamento, è stato inaugurato giovedì 24 settembre presso la sala convegni dell’Hn hotel in via dei Gracchi a Roma, il convegno dal titolo «Responsabilità del medico, risultati, fallimenti e prospettive». Sul banco dei relatori, hanno esposto le loro tesi in materia l’Avv. Francesco Lauri, Presidente dell’Osservatorio Sanità e organizzatore dell’evento che punta a tirare le somme su quanto successo in tema di responsabilità professionale. «Negli ultimi quindici anni la visione su questa materia è stata puramente contrattualistica» dichiara Lauri a proposito del rapporto tra medico e paziente e cita il Dr. Patrizio Gattari, Magistrato del Tribunale di Milano, estensore e autore di una sentenza in cui si rimette in discussione la corretta applicazione della legge Balduzzi.

«La legge Balduzzi non è poi così ambigua» interviene Gattari, spiegando l’orientamento recente della Prima Sezione Civile del tribunale di Milano e incalza sull’efficienza del sistema di responsabilità sanitaria nel caso di corretta applicazione della legge. L’articolo 3 della legge Balduzzi viene interpretata come un segnale per aprire all’extra contrattualità, cosi da stabilire, in caso di controversia tra paziente e medico, cosa debbano provare entrambi, e si collega alla natura stessa della responsabilità del medico, tanto da aprire un acceso dibattito, in attesa della nuova legge sul rischio sanitario. Lo spiega il Dr. Marco Rossetti, Consigliere III Sez. Civile della Corte di Cassazione, che accenna ad una riforma medica della responsabilità.

Il presidente dell’Accademia della medicina legale Dr. Carmelo Galipò, resta fermo su tre punti da introdurre per eliminare i principali vulnus del contenzioso medico-legale tra medici, strutture e pazienti: «non è tanto il problema dell’onere della prova che in materia di responsabilità del medico la fornisce il consulente tecnico del Giudice adesso come in futuro, ma come risolvere il contenzioso una volta instauratosi senza tre regole fondamentali». «La prima è l’obbligo assicurativo ricadente anche sulle compagnie di assicurazioni, la seconda è la costituzione del fondo vittime di errori medici, infine la chiamata diretta dell’assicurazione come avviene in RCA». Conclude: «Ne potrei aggiungere un altro, ossia quello di eliminare la dicitura “grave” dall’articolo 64 cpc che responsabilizzerebbe ancor di più quei consulenti che fanno il “mestiere” di ctu senza cultura adeguata».

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2 Commenti

  1. In quel paesello, chi tenterà di curare il bambino se il medico è delegittimato?
    Sarà stata una preoccupazione simile a spingere il legislatore del 1946 (immediato dopo-guerra)a parlare esplicitamente di “controversie” e stabilire l’argine alla contenziosità descritto nell’art.3, lett.g, della legge istitutiva FNOMCeO del 1946.
    Le preoccupazioni del legislatore sono divenute realtà: il chirurgo che rifiuta di intervenire sul paziente lamentoso, il medico che sceglie i propri pazienti, sono, infatti, espressione della medicina difensiva ma anche di delegittimazione del medico ovvero della più grande e devastante conseguenza che si possa manifestare in una realtà di patologia delle “controversie”.
    L’argine alla contenziosità era ed è rappresentato dal controllo deontologico tra medico e medico, medico e paziente, medico ed enti.
    Nel convegno non se ne parla.
    E nemmeno una parola sul fatto che il medico sia assolto nell’80% delle cause civili ed è prosciolto nel 98% delle cause penali (Collegio Italiano dei Chirurghi).
    Davanti a noi è palese la possibilità di lotta alla medicina difensiva: ci sono migliaia di cause vinte dal medico, perse dal paziente o concluse con le spese di lite.
    Migliaia di sentenze da usare come puntello per il controllo deontologico del comportamento del consulente e del comportamento dell’avvocato, così come deducibile dal decreto del 1946.
    Faccio presente, a titolo di esempio (parlo come medico), che il paziente può chiedere la restituzione degli onorari al consulente deontologicamente scorretto. Se ciò non dovesse realizzarsi, il paziente può chiedere l’interposizione all’Ordine dei medici secondo il decreto del 1946 ed usare la delibera per l’eventuale chiamata a giudizio del consulente stesso (mancata doverosa diligenza con richiesta, questa volta, di tutte le spese sostenute durante il procedimento).
    A questo punto aggiungo un fatto: l’Ordine dei medici sanziona obbligatoriamente il consulente che non ha rilasciato la fattura o l’ha rilasciata parzialmente o tardivamente (problemi nella carriera ospedaliera, fine della carriera di CTU, problematiche finanziarie …).
    Non è difficile immaginare, inoltre, quanti esposti possono nascere nei confronti degli avvocati deontologicamente scorretti sempre usando la sentenza come puntello!
    È iniziato un nuovo business senz’altro interessante per i giovani avvocati: la revisione deontologica delle migliaia di cause vinte dal medico, perse dal paziente o concluse con la compensazione delle spese di lite. Tale revisione continuerà con le migliaia di cause che si concluderanno nei prossimi anni e le cause nei confronti del farmacista, dell’infermiere, del veterinario … e di tutti i professionisti che lavorano nella sanità.
    Sarà inevitabile la fuga dei consulenti e degli avvocati deontologicamente scorretti; si ridurranno, senz’altro, le numerose (Procuratore Nordio) cause frivole.
    Và a finire che il legislatore del 1946 aveva ragione.
    Dopo, più serenamente, sarà più facile trovare un’assicurazione, parlare del decreto del Balduzzi e di compiti istituzionali.
    4 minuti su YouTube
    https://www.youtube.com/watch?v=Uz-WyNELvUo
    Saluti
    Dott. Arnaldo Capozzi

    • Carissimo collega condivido il tuo sfogo in quanto il legislatore dovrebbe sanzionare i consulenti tutti e con pene severe come da me proposto sulle pagine di questo quotidiano nell’articolo “una controproposta alla proposta di legge del PD”.
      Di contro ti do diversi numeri per il civile: si dice che la percentuale di “assoluzione” del medico sia del 65%, ma io a questi numeri non credo (anche se mi farebbe piacere se fosse vero in quanto tale fatto denuncerebbe una malpractice di medico legale e avvocati da imperizia e imprudenza) e di questo noi di RC potremo dare risultati completamente diversi. Abbiamo una percentuale di positività di azioni contro le strutture di quasi il 90%, in quanto siamo seri e professionisti che amano questo lavoro e ricercano la verità.
      Nella nostra attività esiste, anche in minor misura, anche la difesa del medico in sede civile e penale e anche in questo caso gli esiti sono simili in penale a quelli da te denunciati e di meno in civile: il perché? perché difendiamo solo i medici che hanno fatto bene, mentre per gli altri evitiamo le tragedie risarcitorie!
      Grazie dell’intervento

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