Danno da perdita del rapporto parentale conseguente al decesso del congiunto il quale, mentre era in sella alla propria bicicletta, veniva investito da un autocarro.
Il Tribunale di Pescara rigetta la domanda, ritenendo di non poter desumere elementi di colpa a carico del conducente del camion. L’unico elemento probatorio valorizzato fu la testimonianza dell’unica teste oculare che riferì di una dinamica del sinistro secondo cui il ciclista, dopo aver superato il camion sulla destra, si era portato sulla linea di mezzeria per completare l’attraversamento della strada e portarsi sulla parte sinistra della stessa, quando, in quel frangente era stato investito dal camion che non si avvedeva del suo attraversamento. Secondo la teste il camion aveva tenuto una velocità molto bassa mentre il ciclista aveva posto in essere una condotta del tutto imprudente tagliando la strada al camionista.
La Corte di appello de L’Aquila, con sentenza n. 824 del 26/5/2021, conferma che il conducente del camion viaggiava ad una velocità molto bassa, essendovi traffico incolonnato, e che non vi erano evidenze di una responsabilità del medesimo per aver violato regole di circolazione stradale o di comune prudenza.
Il danno da perdita parentale
Quindi la sentenza di appello ha una motivazione – non solo non apparente né apodittica – ma del tutto accurata, perché ha tenuto conto della testimonianza oculare, delle condizioni di incolonnamento del traffico e dunque della bassa velocità del camion, della mancanza di elementi atti a suffragare una condotta prudente del ciclista, dell’assenza di violazioni del codice della strada o delle regole di comune prudenza da parte del conducente del camion, oltre che dell’esito dell’esame autoptico, secondo cui la vittima aveva assunto, poche ore prima del sinistro, sostanze oppiacee provocanti una fortissima alterazione della percezione sensoriale.
In buona sostanza il ricorso alla Suprema Corte si risolve in una sollecitazione ad una diversa valutazione della quaestio facti (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 7 febbraio 2025, n. 3).
Inoltre i Giudici di appello hanno anche affrontato la questione dell’applicazione della prospettata violazione dell’art. 2054 c.c., e hanno affermato: “Che l’autista del camion fosse distratto diventa, in presenza di questi elementi, una considerazione apodittica e sfornita di prova laddove appare dimostrato che in nessun modo la condotta di guida del C. abbia violato regole della circolazione stradale o regole di comune prudenza“.
Ebbene, la Corte abruzzese correttamente è stata consapevole del modus operandi dell’art. 2054 c.c.
Avv. Emanuela Foligno
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