Donna investita da un camion, errata la liquidazione del danno biologico

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La vicenda trattata in primo grado dal Tribunale di Gela, e respinta, riguarda un investimento stradale. Il secondo grado, invece, liquida alla vittima oltre 370.000 euro comprensivi di personalizzazione del danno, quest’ultima voce viene cassata dalla Suprema Corte perché la liquidazione del danno biologico è errata (Cassazione civile, sez. III, 27/07/2024, n.21062).

La donna, verso le 19.30 del 21 febbraio 2009, dopo aver parcheggiato la propria autovettura, si trovava ferma sul margine della carreggiata, intenta a scaricare le buste della spesa. In quel mentre, veniva investita dalla parte posteriore del camion, il cui conducente non si era neppure accorto del fatto ed era stato richiamato da alcuni testimoni presenti. A causa dell’investimento, l’attrice asserisce di avere subito fratture che avevano reso necessari alcuni interventi chirurgici e lunghe cure di riabilitazione.

Il Tribunale rigetta la domanda. Invece la Corte di appello di Caltanissetta ha accertato la responsabilità del camion ed ha liquidato il danno biologico, nella misura accertata dalla CTU del 37% incrementando con il 25% a titolo di personalizzazione, per oltre trecentomila euro.

Nello specifico, la percentuale di danno biologico permanente nella misura del 37% riconosciuta dal CTU, tenendo conto dell’età della vittima al momento del sinistro (44 anni), è stata incrementata da una personalizzazione del 25% in considerazione “delle gravissime ripercussioni sul piano estetico, lavorativo e relazionale subite”, nonché “del lunghissimo periodo di ospedalizzazione (146 giorni)” e della probabile necessità di ulteriori interventi futuri.

Il ricorso in Cassazione

L’assicurazione del camion si rivolge alla Corte di Cassazione lamentando una motivazione incoerente e in contrasto con le prove a disposizione della Corte di merito. La ricorrente sostiene che sia stata omessa ogni valutazione sull’effettiva esistenza di un nesso di causalità tra il fatto e l’evento lesivo, e che la CTU avrebbe ricondotto le lesioni patite dalla donna non ad un investimento bensì ad una diversa dinamica del sinistro, tale da escludere l’esistenza di un impatto. Sostiene, infine, mancanza di motivazione in ordine alla riconosciuta personalizzazione del danno.

Solo quest’ultima censura è corretta.

Nulla quaestio in punto di ricostruzione della dinamica del sinistro e di accertamento della responsabilità del camion investitore.

Riguardo al nesso di causalità, asseritamente mancante secondo la tesi dell’assicurazione, lo stesso risulta, invece, ben delineato e ricostruito correttamente alla luce della accertata dinamica del sinistro.

Venendo alla liquidazione dei danni, la Corte d’appello ha dichiarato, infatti, di voler applicare le tabelle del Tribunale di Milano, ma senza considerare che in esse il valore del punto non è relativo solo alla liquidazione del danno biologico, ma contiene anche una parte che corrisponde al danno morale. Nella percentuale del 37% individuata dal CTU, poi, si dovrebbe ritenere comprese anche una serie di conseguenze liquidate attraverso la personalizzazione. I Giudici di appello, con un ulteriore errore, hanno calcolato la personalizzazione non solo in riferimento al danno biologico, ma sull’intera somma, comprensiva cioè anche dal danno morale.

L’errata liquidazione del danno biologico

Riassumendo, i profili errati sono tre:

  • il riconoscimento di una somma, come da tabelle milanesi, che comprende anche il danno morale e non solo quello biologico.
  • La concessione di una personalizzazione nella misura massima, benché in presenza di conseguenze dannose già ricomprese nel riconoscimento del 37%.
  • L’estensione della personalizzazione anche alla quota di liquidazione che corrisponde al danno morale (che doveva essere esclusa).

I Giudici di appello hanno errato perché, senza alcuna specifica motivazione, hanno liquidato una personalizzazione del danno nella misura del 25% della somma già liquidata sulla base delle tabelle milanesi, senza indicare ragioni che la giustificassero perché quanto indicato “gravissime ripercussioni sul piano estetico, lavorativo e relazionale subite”, nonché il “lunghissimo periodo di ospedalizzazione (146 giorni)” e la probabile necessità di ulteriori interventi futuri “ non sono altro che le normali conseguenze derivanti dal tipo di danno subito.

Inoltre, anche il criterio di calcolo è stato errato perché basato sull’intera somma liquidata, il che vuol dire che ai fini dell’aumento è stata calcolata anche la quota relativa al danno morale, tutto ciò si traduce in una duplicazione che come noto è inammissibile.

Avv. Emanuela Foligno

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