L’errata diagnosi istopatologica di nevo di spitz composto conduce al decesso della bambina (Tribunale di Savona, Sentenza n. 143/2021 del 19 febbraio 2021)

Con atto di citazione i genitori della bambina danneggiata invocano il riconoscimento della responsabilità dell’Ospedale di Savona per errata diagnosi istopatologica nei confronti della piccola paziente

Deducono che nell’estate del 2002, essi rilevavano che sul dorso della mano destra della loro figlia di 4 anni, si era formata una tumefazione e decidevano di rivolgersi al Servizio Pediatrico dell’Ospedale di Savona, dove i sanitari prevedevano il ricovero della piccola per l’asportazione della formazione per l’autunno del medesimo anno.

Il 28 ottobre 2002 la bambina veniva sottoposta ad intervento di exeresi della neoformazione e il reperto cutaneo ricavato veniva inviato al servizio di Anatomia e Istologia Patologica del medesimo Ospedale.

I Patologi esaminatori refertavano “nevo di spitz composto”, quindi, non destando la malattia particolari preoccupazioni, la bimba veniva dimessa e rinviata al medico di famiglia senza indicazione di prescrizione terapeutica specifica.

Nel dicembre 2008 nuovamente, sempre sul dorso della mano destra si formava un rigonfiamento cutaneo collocato proprio nel punto in cui era stato effettuato l’intervento del 2002, e compariva, sul medesimo braccio, una tumefazione all’altezza del gomito.

Nel gennaio 2009 la bambina veniva condotta al Pronto Soccorso dell’Ospedale Gaslini di Genova per effettuare una risonanza magnetica, con ripetizione di radiografia e inserimento in nota operatoria. A seguito di ripetuti ricoveri, i medici del Gaslini richiedevano all’Ospedale di Savona l’invio dei vetrini istologici del 2002 per una revisione, ma fu riscontrata l’incompletezza del materiale.

Nel novembre 2009, la bambina veniva sottoposta all’asportazione delle neoformazioni alla mano e al braccio destro, e veniva diagnosticato “neoplasia maligna a differenziazione neuroectodermica, metastatica a linfonodo adeso”.

I Sanitari genovesi inviano il caso al dipartimento di Patologia el Brighman Women Hospital di Boston a consulto. Il Consulente americano rispondeva che trattarsi di “neoplasia melanocitica.”

La bambina decedeva il 21 settembre 2010.

Veniva instaurato un procedimento penale a carico dei Patologi refertanti l’esito istologico del 2002 ove venivano assolti con sentenza del 20.7.2015, perché il fatto non costituisce reato, stante la ritenuta giustificabilità del pur riscontrato errore nella diagnosi istopatologica sulla neoformazione asportata nell’intervento del 2002.

Si costituisce in giudizio l’Azienda Ospedaliera contestando qualsivoglia responsabilità.

La Causa viene istruita mediante CTU Medico-Legale, al cui esito il Tribunale ritiene fondata la domanda degli attori.

Preliminarmente il Tribunale afferma la natura contrattuale della responsabilità delle parti convenute a giudizio e ribadisce gli oneri probatori delle stesse.

Gli attori hanno adeguatamente assolto al proprio onere probatorio, mentre la Struttura convenuta non ha fornito la prova liberatoria sulla stessa incombente.

Dalla CTU è emerso che:

“- la bambina è deceduta a seguito di progressione metastatica di melanoma e la diagnosi iniziale di questa specifica patologia presentava oggettive difficoltà.

– Le cosiddette “Lesioni Spitzoidi” rappresentano un caso di inquadramento nosologico relativamente complesso sebbene, fin dagli inizi del 2000, esistessero già dei criteri diagnostici differenziali orientativi. La letteratura scientifica sull’argomento è corposa e particolarmente controversa sulle caratteristiche distintive di queste lesioni e sui criteri di classificazione, dei quali scienziati di elevato spessore hanno proposto una triplice qualificazione: 1) Tumore di Spitz senza significative anormalità; 2) Tumore di Spitz con una o più a spetti atipici (Atypical Spitz Tumor), che include i casi giudicati avere un potenziale biologico indeterminato/incerto; 3) Melanoma maligno.

– le difficoltà insite nel porre la diagnosi differenziale tra lesione certamente benigna e certamente maligna in caso di lesione Spitzoide erano ben note già nel 2002.

Proprio queste difficoltà di tipo diagnostico -differenziale avrebbero dovuto imporre, di per sé, una particolare cautela soprattutto qualora un’erronea diagnosi di benignità avesse potuto comportare ricadute negative per la salute della paziente. Inoltre, anche dal punto di vista della completezza del materiale istologico prelevato, risulta che il margine di exeresi laterale e, soprattutto, quello profondo, fossero infiltrati dalla lesione perché la biopsia non aveva asportato completamente la lesione. In questo modo i Patologi non erano nella condizione necessaria, e sufficiente, per formulare una diagnosi corretta perché il campione operatorio era stato incompletamente asportato proprio in corrispondenza del margine profondo che, notoriamente, può essere molto informativo ai fini diagnostico -differenziali .

– Il margine profondo, insieme al laterale, non sono mai stati esaminati perché non è stato consigliato il completamento dell’asportazione e, verosimilmente, proprio a quel residuo è da ricondurre la ripartenza della recidiva manifestatasi nel marzo 2004.

– dunque, proprio a fronte delle attuali incertezze e controversie sull’inquadramento delle cosiddette lesioni Spitzoidi e loro gestione clinica il collegio peritale afferma che :

– nel caso di specie è da ritenersi non adeguata, in base alle conoscenze disponibili all’epoca e attuali, la mancata indicazione all’esecuzione dell’allargamento dell’escissione incompleta, precedentemente eseguita, al fine di conseguire un’asportazione totale della lesione, con margini indenni da infiltrazione da parte della lesione patologica. Tutto ciò andava, ovviamente, raccomandato già all’esito dell’esame istologico del 2002 senza attendere la comparsa della più che verosimile “recidiva” riscontrata nel 2004, proprio sul dorso della mano destra “… “A ciò si aggiunga la mancanza di qualsiasi indicazione ad un follow -up clinico della bambina visto che, oltretutto, stiamo parlando di lesioni di non semplice differenziazione sul piano della benignità/malignità e con potenziale evolutivo incerto”.

I CTU, quindi, hanno concluso che “il comportamento dei Patologi non può dirsi corretto perché, al di là della mancanza di criteri certi riguardo alla differenziazione del continuum patologico di queste lesioni cutanee, non hanno debitamente considerato le criticità correlate all’effettiva adeguatezza del materiale biologico in esame che avrebbero dovuto imporre una particolare cautela nell’etichettare come “benigna” una lesione che, di fatto, alle successive valutazioni, mai è stata ritenuta tale ma “… ad incerto potenziale maligno…” e che, oltretutto, era stata asportata in maniera incompleta”.

In conclusione, “l’iniziale diagnosi istologica di Nevo di Spitz sulla neoformazione escissa con intervento del 2002 poi evoluta in un melanoma maligno metastatico, pur considerati i limiti delle conoscenze dell’epoca, è risultata erronea anche per la mancata adozione di criteri di diligenza e prudenza che le condizioni oggettive del tipo di lesione e dei preparati istologici imponevano. Si rileva, in particolare, l’incompletezza della lesione asportata, come documentato all’istologico del 2002: “…la lesione coinvolge un margine laterale e profondo di exeresi”; a ciò si aggiunga che, all’atto della dimissione dall’ Ospedale di Savona, non veniva posta nessuna indicazione in merito alla necessità di un follow – up oncologico. L’errore diagnostico, la mancata indicazione all’esecuzione dell’asportazione completa della precedente escissione al fine di conseguire margini indenni, e l’assenza di qualsivoglia indicazione ad un follow -up clinico della P. connotano, pertanto, profili di imprudenza e di negligenza da parte dei Sanitari ed appaiono causalmente correlabili alla successiva evoluzione sfavorevole della malattia che portò al decesso del 21 settembre 2010. Nel caso di specie risulta che le difficoltà diagnostico -differenziali, ovvero la difficoltà nel porre la diagnosi differenziale tra lesione certamente benigna e lesione potenzialmente/certamente maligna, fossero già ben conosciute all’epoca dei fatti. Queste difficoltà di tipo diagnostico -differenziale avrebbero dovuto imporre, di per sé, una particolare cautela proprio in considerazione del fatto che la diagnosi di benignità non poteva essere definita con certezza, e ciò anche alla luce delle possibili e gravi ricadute negative per la salute della bambina. Le caratteristiche peculiari di questa forma neoplastica avrebbero, quindi, prudenzialmente e diligentemente richiesto o, quanto meno suggerito, un attento follow -up oncologico ed anche una second-opinion presso un centro specializzato – come avverrà nel 2009 allorquando, dopo intervento di asportazione delle neoformazioni della mano e del braccio dx presso l’Ospedale Gaslini di Genova, proprio in considerazione delle difficoltà diagnostiche il caso verrà inviato in consulenza al Prof. Fletcher dell’Harvard Medical School di Boston. Ciò sarebbe stato senza dubbio necessario anche alla luce della nota variabilità inter-osservatore, ben descritta in letteratura. A ciò si deve aggiungere che, anche dal punto di vista della valutazione del materiale patologico prelevato, il margine di exeresi laterale e, soprattutto, quello profondo erano coinvolti dalla lesione. In questo modo i Patologi non erano nella condizione necessaria e sufficiente, per formulare una diagnosi corretta in quanto il campione operatorio era stato incompletamente asportato proprio in corrispondenza del margine profondo che, notoriamente, può essere molto informativo ai fini diagnostico -differenziali, come ben specificato nella letteratura dell’epoca. Di fatto quel margine profondo, insieme al laterale, non è mai stato esaminato perché non mai è stato consigliato il completamento dell’asportazione e, verosimilmente, proprio da quel residuo si è sviluppata la recidiva inizialmente riscontrata nel marzo 2004” .

Riguardo la circostanza sollevata dalla convenuta sull’esclusione della responsabilità dei medici da parte del Consulente nominato nel procedimento penale, il collegio peritale, ha inoltre rilevato che nell’ambito del procedimento penale la perizia non ha “adeguatamente valutato il problema dell’asportazione completa della lesione iniziale che , come abbiamo visto, era stata critica proprio in corrispondenza di un margine laterale e di quello profondo. Ciò non ha permesso, quindi, ai Patologi – che erano logicamente al corrente di tale dato – di effettuare un esame esauriente della lesione; in particolare, proprio l’incompleta asportazione in corrispondenza del margine profondo che, notoriamente, può essere molto informativo ai fini diagnostico differenziali, ha costituito un’evidente criticità ai fini di una valutazione esauriente del campione operatorio. Tale incompleta asportazione avrebbe richiesto, invece, un allargamento finalizzato proprio all’asportazione anche dei residui microscopici di malattia da cui, assai probabilmente, si è sviluppata la recidiva inizialmente riscontrata nel marzo 2004 “.

Alla luce di ciò, il Tribunale ritiene adeguatamente dimostrato che la condotta negligente dei medici operanti all’interno della struttura ospedaliera abbia contribuito causalmente a cagionare il decesso della bambina e che, laddove gli stessi avessero tenuto un comportamento adeguatamente diligente, la paziente sarebbe verosimilmente e con tutta probabilità guarita.

Venendo alla liquidazione dei danni, la richiesta jure hereditario inerente il danno biologico terminale e il danno da lucida agonia, viene accolta.

L’omessa diagnosi e i non prescritti controlli da parte dei sanitari hanno impedito di porre in essere scelte terapeutiche che con ogni probabilità avrebbero consentito la guarigione della paziente.

La bambina, durante gli ultimi 2 anni di vita, ha vissuto un vero e proprio calvario determinato dalle continue cure, terapie somministrate, ricoveri in ospedali, interventi, comprovati dalle cartelle cliniche e dalla documentazione medica versata in atti.

Per tale voce di danno il Tribunale liquida la somma complessiva di euro 190.000,0 0 in moneta attuale di cui: 60.000,00 per l’invalidità temporanea dal 16 dicembre 2008 al 13 giugno 2010, alla quale viene agganciata la quantificazione del danno terminale per 100 giorni, dal 14 giugno 2010 al 21 settembre 2010. Il danno terminale viene valutato quantificando in 30.000,00 euro gli ultimi 3 giorni di vita, ed in 100.000 euro i giorni dal primo al novantaseiesimo (a fronte di una personalizzazione pressoché massima del valore di euro 53.234 proposto mediamente dalla tabella milanese per il danno biologico terminale) .

Tale somma spetta agli eredi ascendenti, nella misura del 50% ciascuno.

Anche i danni patiti iure proprio dai genitori della bambina nelle voci di danno da perdita del rapporto parentale e sul pregiudizio biologico psichico conseguente all’evento, vengono riconosciuti.

Tenuto conto della giovanissima età della vittima (12 anni), dell’età dei genitori (38 anni il padre e 32 la madre), del forte legame sussistente tra la minore e i genitori, del fatto che la bambina convivesse con mamma e papà ma quest’ultimo lavorava spesso all’estero, trascorrendo periodi prolungati fuori da casa; della tragicità dell’evento; e delle risultanze della CTU medico -psichiatrica viene liquidato l’importo di euro 330.000,00 in favore della madre e di euro 300 .000,00 in favore del padre.

Sul danno psichico la CTU ha riconosciuto “Disturbo Post -Traumatico da Stress, cronicizzato, di grado medio -grave per quanto attiene alla madre e “Disturbo dell’Adattamento con Ansia e Umore Depresso Misti” per quanto attiene al padre.

I CTU hanno rilevato che tali disturbi hanno comportato, un danno biologico permanente da menomazione psichica nella misura del 12% per quanto attiene la madre e nella misura del 6% per quanto attiene al padre.

In conclusione, il Tribunale di Savona, condanna i convenuti al pagamento a titolo di danno, iure proprio e iure hereditario, in favore della madre la somma di euro 456.413,00 ed in favore del padre la somma di euro 402.143,00.

Spese di lite e di CTU vengono poste a carico dei convenuti.

Avv. Emanuela Foligno

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