Le censure sulla CTU non possono essere accolte se l’adesione all’elaborato viene recepita attraverso una valutazione analitica e tenuto conto delle repliche ai CTP (Cassazione Civile, sez. III, sentenza n. 24467 del 4 novembre 2020)

Moglie e figli del paziente agivano in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al decesso del congiunto che ascrivevano a responsabilità dei Medici e dell’Istituto di Ricerca Diagnostica Nucleare. In particolare, deducevano che il paziente si sottoponeva presso l’Istituto Diagnostico agli esami di Ecg e tomoscintigrafia miocardica a riposo e dopo sforzo e che il giorno successivo decedeva per infarto.

Sostenevano gli attori che la morte del congiunto veniva causata dall’imperizia dei Sanitari nell’effettuazione degli esami e dal fatto che gli stessi non informavano il paziente della accertata grave situazione cardiologica, né prescritto i necessari e urgenti presidi terapeutici.

Il Tribunale di Napoli rigettava la domanda e compensava le spese di lite e la Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado.

Nello specifico la Corte territoriale escludeva il nesso eziologico tra l’esecuzione di Ecg e tomoscintigrafia miocardica sotto-sforzo e il decesso del paziente, avvenuto il giorno successivo per cause non accertate con certezza.

“E’ da escludersi –argomentava il Collegio distrettuale – che il comportamento del centro (omessa considerazione della fase di recupero nell’esecuzione della prova da sforzo) abbia determinato la morte del paziente, le cui cause, peraltro non sono state accertate” e che “sia configurabile un ritardo nella diagnosi o nella comunicazione della stessa che abbia pregiudicato le possibilità di sopravvivenza dell’uomo”.

La vicenda approda in Cassazione ove i congiunti lamentano la mancata considerazione del nesso causale tra la condotta omissiva dei Sanitari e la morte.

In particolare, i ricorrenti eccepiscono l’omessa valutazione di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e contestano le affermazioni della Corte territoriale inerenti il fatto che la condotta dei sanitari del Centro non avesse determinato la morte del paziente, o non ne avesse pregiudicato le possibilità di sopravvivenza.

Se il paziente -sostengono- fosse stato informato della gravità dei risultati degli accertamenti, il giorno successivo sarebbe stato ricoverato in un reparto di cardiologia, dove l’attacco cardiaco avrebbe potuto essere fronteggiato più efficacemente.

Difatti, l’applicazione al caso concreto della regola della preponderanza dell’evidenza, o del più probabile che non, confermerebbe che l’omessa informazione circa i gravissimi, univoci ed allarmanti esiti degli accertamenti cardiologici del paziente ha contribuito efficacemente alla sequenza causale che ha determinato la morte improvvisa.

Contestano, inoltre, l’adesione alle conclusioni della CTU e l’affermazione secondo cui il decesso sarebbe avvenuto “per cause non accertate con esattezza” laddove, invece, nel verbale d’intervento dell’ambulanza emergeva che il decesso era avvenuto per “arresto cardiocircolatorio”, con anamnesi di pregressa cardiopatia.

Gli Ermellini ritengono il ricorso infondato.

Preliminarmente osservano che i lamentati vizi di omissione sono inammissibili in quanto la sentenza di appello ha confermato quella di primo grado (cosiddetta doppia conforme) e i ricorrenti non hanno assolto all’onere di dimostrare che le ragioni poste a base delle due decisioni di merito siano tra loro differenti.

Le censure inerenti le ragioni di fatto e di diritto della decisione impugnata vengono respinte in quanto la sentenza d’Appello, invero, illustra chiaramente la domanda e le ragioni sottese e risultano correttamente valutati gli elementi istruttori.

Le omissioni individuate dai ricorrenti sono del tutto ininfluenti sul piano causale.

Le censure svolte sull’adesione alla CTU Medico-Legale non vengono accolte in quanto la Corte non ha richiamato superficialmente le conclusioni del Consulente, ma le stesse sono state recepite attraverso una valutazione analitica e tenendo in considerazione il fatto che il CTU ha compiutamente replicato ai rilievi critici dei CTP.

Anche le dedotte violazioni di norme di diritto vengono considerate infondate.

Difatti, sono dedotte in forma generica e non risultano illustrate le specifiche violazioni e/o false applicazioni consistenti nell’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata da una previsione normativa, o nella applicazione di una errata qualificazione giuridica.

Secondo il Collegio tali censure sono finalizzate a una rivalutazione del nesso causale fra l’operato dei Sanitari e il decesso del paziente, però non individuano quali errori di diritto siano stati compiuti dal Giudice di merito.

Conseguentemente ne deriva una sollecitazione a una diversa valutazione del merito non consentita in sede di legittimità.

In conclusione, la Suprema Corte rigetta integralmente il ricorso dei congiunti del paziente deceduto, compensa le spese di lite e condanna i ricorrenti al versamento dell’ulteriore importo a titolo odi contributo unificato.

La decisione a commento lascia perplessi (premesso che vengono riportati solo piccoli stralci della CTU Medico-legale), nella parte in cui discorre del decesso del paziente per “cause non accertate con certezza”.

Tale motivazione, così come esposta, non pare corretta. O la causa della morte è ignota, o è incerta. Nell’ultimo caso l’incertezza non può ricadere sui danneggiati.

Ad ogni modo la insussistenza del nesso causale il CTU la giustifica affermando “è da escludersi che il comportamento del centro (omessa considerazione della fase di recupero nell’esecuzione della prova da sforzo) abbia determinato la morte del paziente, le cui cause, peraltro non sono state accertate” e che “sia configurabile un ritardo nella diagnosi o nella comunicazione della stessa che abbia pregiudicato le possibilità di sopravvivenza dell’uomo”.

Avv. Emanuela Foligno

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