Alla moglie e ai figli del lavoratore, deceduto per malattia professionale correlata alla lunga esposizione alle fibre cancerogene dell’amianto, andranno circa 854 mila euro; decisiva la consulenza medico legale
L’Ente portuale di Venezia verserà un risarcimento di oltre ottocentocinquantamila euro in favore di moglie e figli di un lavoratore deceduto nel 2011 a causa di una malattia professionale per la lunga esposizione alle fibre cancerogene dell’amianto, materiale utilizzato a lungo, fino alla messa al bando, per coibentare da rumore e calore vagoni ferroviari e capannoni industriali.
Ne da notizia la Nuova di Venezia e Mestre che ripercorre le tappe della vicenda giudiziaria, conclusasi con un accordo transattivo tra le parti.
I congiunti del defunto avevano agito davanti al Giudice del lavoro del Tribunale del capoluogo veneto chiedendo il ristoro integrale del danno non patrimoniale subito ed evidenziando l’insorgenza della malattia professionale che aveva determinato la tragica scomparsa mentre svolgeva le mansioni a lui assegnate nelle strutture portuali. La controparte, a sua volta, si era costituita contestando in fatto e in diritto le pretese dei ricorrenti.
In giudizio – riferisce ancora la Nuova – si erano costituiti, dopo la prima udienza, anche i nipoti del lavoratore, riservandosi anch’essi di agire contro l’Ente per il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto “iure” proprio per perdita del rapporto parentale con il nonno.
All’esito della consulenza medico legale, sfavorevole all’Ente, le parti hanno deciso di porre fine alla controversia con una conciliazione. La somma pattuita, pari a 853.900 euro.
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