Finestra precipitata addosso all’addetto delle pulizie, di chi è la responsabilità?

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L’addetto alle pulizie del Palazzo di Giustizia di Catanzaro viene colpito violentemente da una finestra precipitata riportando gravi lesioni alla gamba destra.

La vicenda

Il 27/2/2002, alle ore 15.30 circa, l’infortunato, dipendente della società appaltatrice del servizio di pulizia del Tribunale di Catanzaro, rimaneva vittima di un infortunio sul lavoro all’interno del palazzo di giustizia. Una finestra blindata del piano seminterrato, che il lavoratore stava aprendo per fare arieggiare il locale, si scardinava dal telaio e cadeva violentemente addosso al lavoratore, facendolo ricadere a terra e provocandogli gravi lesioni alla gamba destra con postumi invalidanti. Ovvero una frattura del collo del femore complicata dalla successiva necrosi della testa femorale, trattate con due interventi chirurgici e cicli di fisioterapia.

Anni dopo, nel 2007 la vittima conveniva in giudizio il Comune di Catanzaro e il Ministero della Giustizia per sentirli condannare in solido al pagamento della somma di 250.000 euro a titolo di risarcimento del danno biologico, del danno esistenziale e del danno patrimoniale conseguente alla riduzione della capacità lavorativa specifica.

Il Tribunale di Catanzaro, con sentenza n. 1036/2017, dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Giustizia, compensando le spese di lite tra l’attore e il Ministero convenuto. Condannava il Comune di Catanzaro, responsabile dell’infortunio ex art 2051 c.c., al pagamento in favore dell’infortunato della somma di 75.876,46 euro, nonché al pagamento delle spese di lite e di CTU.

La Corte di Appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava il Comune di Catanzaro al pagamento della minor somma di 30.191,66 euro, oltre interessi legali come in motivazione e confermava nel resto la impugnata sentenza.

Il ricorso in Cassazione

Il Comune promuove ricorso in Cassazione censurando la erronea applicazione e conseguente violazione della disciplina vigente, in materia di oneri posti a carico del Comune. In particolare si duole che la Corte di Appello abbia posto a carico del Comune e non del Ministero la responsabilità della manutenzione e della gestione dell’immobile, ragione per la quale solo il Comune e non il Ministero (titolare di un mero diritto d’uso) aveva l’obbligo di esercitare con la dovuta diligenza i doverosi controlli e gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria necessari per tenere in sicurezza l’immobile onde evitare danni a terzi.

Il ragionamento del Comune, in sostanza, si basa sul fatto che il proprietario dell’immobile locato conserva la disponibilità giuridica e, quindi, la custodia, delle sole strutture murarie e degli impianti in esse conglobati (come cornicioni, tetti, tubature idriche, impianti idraulico, elettrico, di riscaldamento e simili), su cui il conduttore non ha il potere-dovere di intervenire, ed è pertanto responsabile, in via esclusiva, ai sensi degli artt. 2051 e 2053 c.c. dei danni arrecati a terzi da dette strutture ed impianti (salvo eventuale rivalsa, nel rapporto interno, contro il conduttore che abbia omesso di avvertire della situazione di pericolo).
Con riguardo invece alle altre parti ed accessori del bene locato, rispetto alle quali il conduttore acquista detta disponibilità (con facoltà ed obbligo di intervenire onde evitare pregiudizio ad altri, come ad esempio le finestre non funzionanti per l’usura), la responsabilità verso i terzi, secondo le previsioni del citato art. 2051 e 1576 c.c., grava soltanto sul conduttore-detentore medesimo.

Lite tra Comune e Ministero

L’infisso che ha provocato le lesioni all’addetto delle pulizie non è parte strutturale dell’immobile e, dunque, andava considerato come “elemento” sotto la disponibilità e cura del Ministero utilizzatore della struttura. Oltre a ciò, il Comune sostiene che non potrebbe essere ritenuto responsabile neppure ai sensi dellart. 2043 c.c. poiché nel giudizio non era stato accertato nessun fatto colposo o doloso ad esso imputabile, mentre era rimasto non contestato che sulla finestra precipitata fosse apposto un cartello che segnalava la rottura e quindi il pericolo. Rispetto a tale dato (che la Corte ha ritenuto inverosimile) la decisione di avvicinarsi e di aprire la finestra precipitata ha comportato l’accettazione del rischio da parte del lavoratore, che, con la sua condotta, ha eliso il nesso causale tra la cosa e l’evento.

La Cassazione rileva che il ricorso è stato erroneamente notificato al Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro, mentre avrebbe dovuto essere notificato all’Avvocatura Generale dello Stato con sede in Roma.

Viene ordinata la rinnovazione della notificazione e il ricorso rinviato a nuovo ruolo. Pertanto, si attende la decisione della interessante questione (Cassazione Civile, sez. III, 30/01/2024, n.2851).

Avv. Emanuela Foligno

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