Ghiaccio sulla pista e caduta dello sciatore, serve provare il nesso causale

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La vittima percorreva con lo snowboard una pista e si imbatteva in alcune lastre di ghiaccio sulla pista, perdendo il controllo e cadendo.

Il danneggiato chiede al Tribunale di Pescara la condanna della società titolare dell’impianto sciistico al pagamento dei danni derivanti dalla caduta sulla pista.

Il Tribunale, con la sentenza n. 1045/2018, rigettava la domanda dell’attore e lo condannava al pagamento delle spese di lite. La Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza n. 569/2021 ,ha confermato la pronuncia di prime cure.

Il giudizio di secondo grado

I Giudici di appello hanno evidenziato confusione riguardo alla qualificazione del titolo di responsabilità invocato dalla vittima. Quindi hanno sottolineato che, comunque, per invocare la responsabilità della titolare dell’impianto sciistico, tanto per violazione dell‘art. 1218 o dell’art. 1681 c.c., quanto per violazione dell’art. 2051 c.c., sarebbe stato necessario provare il nesso causale tra la cosa e l’evento di danno e detta prova non era stata fornita.

Con un obiter dictum – “di mera completezza” – la Corte d’appello ha aggiunto, evocando la giurisprudenza di Cassazione, che la presenza di ghiaccio sulla pista durante il periodo invernale non è un fenomeno anomalo e che il pericolo da esso creato avrebbe richiesto una maggiore avvedutezza comportamentale da parte del danneggiato.

Il giudizio di Cassazione

La vittima, riguardo la qualificazione della domanda, precisa che avrebbe potuto invocare la “responsabilità del gestore di aree sciabili”. Questo sarebbe avvenuto ai sensi del contratto atipico di skipass. In tal caso, si applicherebbe la disposizione di cui all’art. 1218 c.c. La norma prevede che il gestore debba provare, per esimersi dalla responsabilità, di essere stato oggettivamente impossibilitato ad adempiere. Questo riguarda anche l’impossibilità di prevenire infortuni a danno degli sciatori. Tale impossibilità deve essere causata da una specifica causa impeditiva non riconducibile alla sua sfera di controllo. Si fa salvo, tuttavia, l’art. 1681 c.c. che prevede un’inversione dell’onere della prova. Questo favoreggia la vittima dell’incidente. In alternativa, la vittima potrebbe invocare la responsabilità ex art. 2051 c.c. In questo caso, il danneggiato deve solo provare che i danni siano la diretta conseguenza della cosa “custodita”. Spetta invece al custode provare il c.d. caso fortuito per liberarsi da ogni responsabilità.

Osserva ancora la vittima che, avendo pagato un biglietto per accedere alla pista, il cui costo era stato calcolato in proporzione ai servizi offerti ad agli standars di sicurezza previsti dalla legge, il gestore della pista era obbligato – contrattualmente – a garantire agli utenti una percorrenza della pista esente da pericoli e rispondente a determinati requisiti di qualità. Denuncia, infine, l’omessa ed errata pronuncia riguardo l’onere della prova con riferimento al nesso eziologico, ai sensi dell’art. 1218 c.c.,2051 c.c.,2697 c.c., l’assenza della prova del caso fortuito da parte della società gestrice.

Era onere della vittima il nesso causale tra la presenza della lastra di ghiaccio e l’evento dannoso

Le censure della vittima non colgono nel segno (Cassazione civile, sez. III, 09/05/2024, n.12760). La Corte di appello ha rigettato la domanda indipendentemente dal titolo di responsabilità invocato perché era onere della vittima dimostrare il nesso causale tra la presenza della lastra di ghiaccio sulla pista e l’evento dannoso.

I Giudici di secondo grado non hanno mai messo in dubbio che la pista fosse ghiacciata, che la presenza di ghiaccio sulla pista non fosse segnalata, che il gestore della pista non avesse adottato alcuna misura per interdire l’accesso alla pista o ad una sua parte. Se la responsabilità della società gestrice fosse stata ricondotta all’art. 2051 c.c., non avrebbe assunto rilievo la colpa del custode, occorrendo, per considerarlo responsabile a titolo risarcitorio, la prova del nesso di causa tra la cosa custodita e l’evento di danno.

La Corte d’appello ha, pertanto, correttamente ritenuto che l’incertezza eziologica dell’evento di danno ricade negativamente sull’onerato (cfr. Cass. 18/07/2023, n. 20986). L’operazione logica da compiersi era quella di identificazione del nesso causale, sulla base dei fatti prospettati dalle parti ed acquisiti in causa. La prova che deve fornire il danneggiato, ai fini del riconoscimento della responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 c.c., è quella della sussistenza di un effettivo e concreto nesso di causa tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, cioè la prova che l’evento sia stato concretamente provocato dalla cosa.

Il ricorso viene rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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