Gioco d’azzardo: ludopatia non comporta incapacità di intendere e volere

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gioco d'azzardo

Respinto il ricorso di un assicuratore, accusato di aver truffato alcuni clienti, che invocava l’incapacità di intendere e di volere correlata alla sua dipendenza da gioco d’azzardo

La dipendenza da gioco d’azzardo è certamente un disturbo della personalità, ma non comporta l’incapacità – totale o parziale – di intendere e di volere. E’ quanto emerge dalla sentenza n. 14467/2020 emessa dalla seconda Sezione Penale della Suprema Corte.

I Giudici del Palazzaccio si sono pronunciati sul ricorso presentato da un agente assicurativo condannato in sede di merito per aver truffato alcuni clienti facendo sottoscrivere loro delle polizze false per le quali incassava direttamente i premi versati dai sottoscrittori.  

Nel ricorrere per cassazione, l’imputato chiedeva di annullare la sentenza d’appello, eccependo che il giudice non avesse adeguatamente soppesato la sua dipendenza da gioco d’azzardo, e non l’avesse considerata come una vera e propria incapacità di intendere e di volere.

I Giudici Ermellini hanno ritenuto di non aderire alle argomentazioni proposte, respingendo il ricorso in quanto infondato.

La Cassazione ha sottolineato che nel corso del processo erano state depositate numerose relazioni dei Sert che attestavano la dipendenza da gioco, ma non si poteva “evidentemente assimilare il concetto di patologia a quello di incapacità parziale o totale”.

In nessuno di questi documenti, infatti “si faceva il minimo cenno ad una qualche menomazione delle capacità mentali dell’imputato”. Inoltre, la Suprema Corte ricorda che per far valere un’eventuale infermità, l’imputato deve dimostrare due aspetti, ovvero “se il disturbo abbia consistenza, intensità e gravità tali da incidere effettivamente sulla capacità di intendere e di volere del reo, escludendola o scemandola gravemente”; e “se il disturbo sia poi in concreto collegato da un nesso eziologico (causa-effetto, NdR) con la specifica condotta criminosa”.

Nel caso in esame, invece, mancavano le necessarie acquisizioni in fatto, capaci di dimostrare adeguatamente, se, quando e come l’imputato avesse effettivamente abusato di gioco d’azzardo.

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