Il Rapporto 2018 sull’ictus cerebrale fotografa il quadro generale delle malattie ischemiche: cause, conseguenze e fattori di prevenzione

Ogni anno si registrano 100mila nuovi casi di ictus cerebrale. Circa un terzo delle persone colpite non sopravvive a un anno dall’evento e quasi un milione di persone vive con esiti invalidanti.

Lo evidenzia il Rapporto Ictus 2018 redatto dall’Osservatorio Ictus Italia con il contributo incondizionato di BMS-Pzifer Boston Scientific e Daiichi Sankyo.

Il rapporto fotografa per la prima volta in Italia i dati sull’incidenza dell’ictus relativi a mortalità, disabilità e fattori di rischio.

Esamina poi l’implementazione dei protocolli clinico-assistenziali e dei piani di cura, riabilitazione e reinserimento nelle diverse Regioni.

Attraverso l’analisi dell’impatto socio-economico della patologia e la ricognizione delle best practices sulla prevenzione, il Rapporto delinea, inoltre, alcune proposte per un approccio coordinato e integrato alla prevenzione e nella cura, in linea con gli obiettivi definiti a livello comunitario.

L’ictus in Italia

A causa dell’invecchiamento della popolazione entro i prossimi venti anni si verificherà un aumento di oltre il 30% del numero totale di casi di ictus nell’Unione Europea.  Un problema che interessa da vicino l’Italia, in cui l’aspettativa di vita alla nascita e di 79 anni per gli uomini e 84 per le donne.

In Italia le persone che hanno avuto un ictus e sono sopravvissute, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa 940.000. L’80% del numero totale degli ictus è rappresentato da ictus ischemici con una mortalità a 30 giorni di circa il 20% e del 30% a un anno, mentre la mortalità a 30 giorni dopo un ictus emorragico raggiunge il 50%.

Si registrano poi differenze regionali sul livello di mortalità dell’ictus cerebrale in Italia. La mortalità per malattie cerebrovascolari e risultata particolarmente elevata in Sicilia e Campania, sia per gli uomini che per le donne, mentre più bassa e risultata in Emilia Romagna e in Friuli Venezia Giulia.

Ospedalizzazione e percorsi diagnostici

Dal Rapporto si mette in luce anche una disparità regionale nell’adozione dei Percorsi Diagnostici Terapeutici e Assistenziali (PDTA), ovvero di quegli interventi complessi mirati alla condivisione dei processi decisionali e dell’organizzazione dell’assistenza per un gruppo specifico di pazienti durante un periodo di tempo ben definito.

Poco più del 50% delle regioni italiane ha prodotto un PDTA formale. Il Friuli-Venezia Giulia è la realtà che ha elaborato percorsi più completi; seguono, con modalità differenti, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Veneto, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio. Mentre indietro appaiono Sicilia, Sardegna e Molise.

Dal 2011 al 2016, le ospedalizzazioni per eventi cerebrovascolari sono diminuite mediamente in Italia del 15% sia negli uomini sia nelle donne.

In alcune regioni sono invece aumentate. In Valle D’Aosta (dato italiano più elevato per le donne 719,8×100.000) e Molise (dato italiano più elevato per gli uomini, 1092,5×100.000).

Le Regioni con più basso tasso di ospedalizzazione sono risultate per gli uomini il Friuli Venezia Giulia (494,9×100.000) e per le donne il Piemonte (368,7×100.000).

Costi economici e sociali

L’ictus cerebrale costa 16 miliardi al Ssn e 5 miliardi di euro in termini di costi indiretti, calcolati principalmente come perdita di produttività.

Non vi sono solo i “costi diretti” della malattia, l’impegno economico che impoverisce le famiglie delle persone colpite da ictus è la spesa per la così detta “assistenza informale”, che consuma risorse e tempo.

Fattori di rischio

I fattori di rischio cardio-cerebrovascolari sono secondo il Rapporto: l’età, la pressione arteriosa, la colesterolemia, l’indice di massa corporea, il diabete, la familiarità.

I fattori di rischio modificabili sono la pressione arteriosa, il peso, la glicemia, la colesterolemia, che vanno adeguatamente monitorati, mantenendo i valori entro i limiti raccomandati, come pure il consumo di alcool e l’abitudine al fumo.

La prevenzione

Quasi la metà degli eventi cerebrovascolari potrebbe essere evitata attraverso l’adozione di stili di vita salutari e un controllo farmacologico nei soggetti a elevato rischio cardiovascolare globale.

E’ dimostrato poi che l’abolizione del fumo assieme a un’attività fisica quotidiana un’alimentazione ricca di verdura, e frutta, cereali integrali, legumi e pesce, e povera di cibi ricchi di grassi saturi, colesterolo, zuccheri semplici e sale, aiuta a mantenere livelli favorevoli di pressione arteriosa, colesterolemia e glicemia.

L’informazione corretta della popolazione, il cui primo passo e la conoscenza dei fattori di rischio, dei sintomi e della tempistica degli interventi, oltre alla formazione del personale sanitario, medico e infermieristico, svolgono un ruolo fondamentale per favorire la consapevolezza dell’importanza di uno stile di vita corretto per la prevenzione di questa malattia e la riduzione delle conseguenze.

“Nel nostro Paese, solo un terzo delle persone è consapevole di essere colpito da ictus e la maggior parte non conosce i possibili segni o sintomi del danno cerebrale – spiega Nicoletta Reale, Presidente dell’Osservatorio Ictus Italia – per questo risulta assolutamente necessario attuare percorsi di informazione, riconoscimento, tempestività e cura dell’ictus cerebrale promossi e condivisi, ciascuno per le proprie competenze, da tutti gli stakeholders: società scientifiche, organizzazioni ed enti d’ambito sanitario, associazione di pazienti e di cittadini, Istituzioni”.

Piano d’azione europeo

L’Action Plan for Stroke in Europe 2018-2030 individua quattro obiettivi prioritari da raggiungere nei prossimi dieci anni: ridurre il numero assoluto di casi di ictus del 10%; trattare il 90% o più delle persone colpite nelle Stroke Unit come primo livello di cura; favorire l’adozione di piani nazionali che comprendano l’intera catena di cura, dalla prevenzione primaria alla vita dopo l’ictus; promuovere uno stile di vita sano attraverso strategie nazionali.

 

Barbara Zampini

 

 

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