Il danno estetico è compreso nel risarcimento del danno biologico (Cass. civ., sez. VI – 3, 9 settembre 2022, n. 26584).
Il danno estetico nuovamente sotto i riflettori della Suprema Corte che ha statuito: «La formula di Balthazard è fondata sul principio per cui alla determinazione della invalidità nella responsabilità civile non può procedersi mediante una mera sommatoria dei gradi di invalidità permanente relativi a ciascuna singola lesione afferente un organo o distretto anatomico diverso, in quanto tale operazione comporterebbe il superamento (…) del grado massimo di invalidità del 100% […]».
Il danno estetico solitamente rappresenta una componente del danno biologico e, pertanto, deve essere liquidato con quest’ultimo: in sintesi, così si è espressa la Cassazione su una controversia riguardante il risarcimento dei danni patiti da un uomo vittima di un sinistro stradale.
Dopo il sinistro stradale subito dal ricorrente, il Tribunale di Catanzaro accoglieva parzialmente la domanda condannando l’impresa di assicurazioni convenuta a pagare a titolo risarcitorio la somma di Euro 107.713,47, oltre interessi legali.
La decisione veniva impugnata poiché esclusi i postumi di carattere estetico dalla liquidazione del danno biologico e per la riduzione dell’invalidità permanente al 20%.
La Corte d’Appello, dopo aver evidenziato che il primo Giudice, premesso che il danno estetico non può essere liquidato separatamente dal danno biologico e che la ricorrenza del danno non patrimoniale può essere provata anche per presunzioni, ha ritenuto che il Tribunale non avesse fatto buon governo della prova presuntiva, perché dalla CTU emergeva che a causa del sinistro stradale l’uomo aveva riportato danni fisici con conseguente pregiudizio estetico medio-grave.
In particolare, il danno estetico lamentato consiste in una cicatrice di cm. 10 nella regione temporo-zigomatico-palpebrale inferiore sinistra con lieve ectropion, una cicatrice di cm. 3 nella regione palpebrale superiore e arcata sopraciliare sinistra, cicatrici chirurgiche di cm. 3 e cm. 12, rispettivamente, sul gluteo e sulla coscia sinistra.
Tali esiti avrebbero dovuto, secondo il ricorrente, indurre il Tribunale a personalizzare il danno non patrimoniale, giacché esiti estetici così evidenti dovevano essere giudicati tali da alterare l’aspetto dinamico relazionale di un diciottenne; di conseguenza il Giudice d’Appello ha aumentato di Euro 15.902,20, in via equitativa, la somma liquidata dalla sentenza del Tribunale, cioè ha maggiorato il danno da invalidità permanente della percentuale media del 20%, ma ha respinto la richiesta di applicazione della personalizzazione massima consentita dalle tabelle.
La Suprema Corte ritiene il ricorso inammissibile.
Ricordano gli Ermellini che il danno estetico, è di norma una componente del danno biologico, nel quale la prima è ricompresa; ciò tuttavia non vuol dire che il Giudice del merito possa liquidare la compromissione dell’integrità psicofisica senza tenere conto del danno estetico, ma comporta che della menomazione estetica si tenga adeguato conto nella liquidazione del danno biologico, attraverso una idonea personalizzazione del parametro monetario di base adottato per il risarcimento.
Specifica, infatti, la Corte di Cassazione che «la formula di Balthazard è «fondata sul principio per cui alla determinazione della invalidità nella responsabilità civile non può procedersi mediante una mera sommatoria dei gradi di invalidità permanente relativi a ciascuna singola lesione afferente un organo o distretto anatomico diverso, in quanto tale operazione comporterebbe il superamento -illogico, rispetto alla valutazione di una “residua” capacità biologica del soggetto- del grado massimo di invalidità del 100% corrispondente all’annullamento di detta capacità, e dunque essendo richiesta una correzione del risultato della predetta sommatoria, mediante applicazione di un coefficiente proporzionalmente riduttivo, idoneo ad esprimere una percentualizzazione della invalidità coerente con la complessiva residua capacità biologica della persona danneggiata» (Cass. n. 27482/2018).
E difatti, proprio le risultanze della CTU hanno consentito la riforma parziale della sentenza di primo grado che non aveva personalizzato il danno non patrimoniale, pur in presenza del certo ed evidente peggioramento della fisionomia del volto.
Il ricorrente lamenta a tratti il mancato esame delle risultanze della CTU, a tratti l’omessa valutazione delle proprie doglianze in merito all’incompleto esame della CTU da parte del Giudice d’appello, infine, censura la sentenza di secondo grado per essersi discostata dalla CTU senza adeguata motivazione; nessuna di tali censure è, tuttavia, adeguatamente supportata.
La Corte territoriale ha fatto applicazione proprio della giurisprudenza di legittimità sul punto che qui rileva e la formula di Balthazard è stata invocata in modo non pertinente.
Conclusivamente, affinché la sentenza si consideri correttamente motivata, essa non deve confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che siano indicati gli elementi su cui sia fondato il convincimento del Giudice, dovendo ritenersi disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi che, sebbene non menzionati specificamente, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata.
IL ricorso viene integralmente rigettato.
Avv. Emanuela Foligno
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