Regolamentazione delle ipotesi in cui il contratto di convivenza è affetto da nullità insanabile e di quelle in cui il contratto si risolve

La legge che disciplina il contratto di convivenza regolamenta specificatamente le ipotesi in cui il contratto è affetto da nullità insanabile e quelle in cui il contratto si risolve (comma 59), indicandone le modalità e le conseguenze in ciascuno dei casi (commi 60, 61, 62 e 63).

La regolamentazione del diritto successorio è senz’altro la tematica che più era attesa.

Se i conviventi intendono acquistare una casa in comunione, per tutelare l’interesse di entrambi alla prosecuzione della titolarità dell’intera abitazione anche dopo la morte di uno di loro, essi potrebbero acquistare ciascuno: la nuda proprietà di metà casa e l’usufrutto dell’altra metà. In questo modo, alla morte del primo, l’altro rimarrà titolare in piena proprietà di metà casa e usufruttuario dell’altra metà.

La giurisprudenza di merito ha negato la possibilità di inserire il vincolo di destinazione nel testamento in considerazione del fatto che il vincolo dev’essere preordinato alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela, e che tale controllo di meritevolezza e di legittimità parrebbe non essere demandato alla libera discrezionalità del testatore.

Tale obiezione è tuttavia superabile se si tiene conto del fatto che una delle forme testamentarie è quella dell’atto pubblico ricevuto dal Notaio.

Il Notaio, infatti, effettuerà il necessario preventivo controllo di meritevolezza e di legittimità su tutte le disposizioni testamentarie da lui ricevute, e dunque anche su quelle che costituiscono un vincolo ex articolo 2645 ter c.c.

Conseguentemente solo il testamento pubblico può garantire la meritevolezza degli interessi cui propende il vincolo di destinazione.

A prescindere da tali forme negoziali, esistenti già prima della introduzione della L. 76/2016, il legislatore ha voluto predeterminare 3 diritti successori in capo ai conviventi:

  1. Il diritto di abitazione della casa di comune residenza (comma 42). L’incipit della norma fa salvo quanto previsto dall’articolo 337-sexies c.c. per il caso in cui vi siano figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti: in tal caso viene assegnato al convivente, su provvedimento giudiziale conseguente alla cessazione del rapporto di convivenza, un diritto personale di godimento (non il diritto di abitazione) sulla casa familiare.
  2. Il diritto all’abitazione per due anni ovvero per un periodo pari alla convivenza, se superiore, e comunque non oltre i cinque anni.
  3. Il diritto, in presenza di figli conviventi minori o disabili, di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non superiore a 3 anni.

Il diritto di abitazione (seppur limitato rispetto a quello previsto nei confronti di coniuge superstite ex art. 540 c.c. e di unito civilmente superstite ex art. 1 co. 21 L. 76/2016,  viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa,  contragga matrimonio o unione civile, oppure inizi una nuova convivenza di fatto.

Anche per i conviventi sussiste il diritto a succedere nel contratto di locazione della casa comune.

Ad ultimo, il diritto a ricevere il risarcimento del danno nel caso in cui l’altro convivente muoia per una causa derivante da fatto illecito compiuto da terzi ex art. 2043 c.c.

Da valutarsi, in conclusione, il testamento che istituisce erede o legatario il convivente superstite, salvi e impregiudicati i diritti spettanti ai legittimari.

Avv. Emanuela Foligno

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