Il danneggiato cita a giudizio il proprietario e il conducente del camion investitore, per ottenerne la condanna, in solido con assicurazione che copriva il mezzo per la R.C.A., al risarcimento dei danni subiti. Sul travisamento della prova la Cassazione richiama la recente pronuncia delle Sezioni Unite.
L’assicurazione dichiarava preliminarmente di aver inviato all’attore un’offerta risarcitoria, pari ad 21.083,29 euro, accettata a titolo di acconto, e veniva autorizzata a chiamare in causa la assicurazione designata dal FGVS, per l’ipotesi in cui il sinistro fosse addebitabile a veicolo rimasto ignoto, pure proponendo domanda di manleva.
Non viene raggiunta la prova del fatto
Il Tribunale rigetta, compensando le spese, giacché non era stata raggiunta la prova del fatto.
La Corte di appello di Napoli (sentenza 9.9.2022) rileva che, dall’istruttoria orale e dalla lettura delle dichiarazioni rese dagli agenti della Polstrada, era emerso che il conducente del camion era stato costretto a spostarsi sul margine destro della carreggiata ove era in sosta altro veicolo per evitare la collisione con altro veicolo non identificato che sopraggiungeva dall’opposto senso di marcia, invadendo la sua carreggiata e che il conducente dell’autocarro non aveva dato prova liberatoria di aver fatto il possibile per evitare l’evento dannoso.
Pertanto, i Giudici di Napoli dichiarano la pari responsabilità del conducente del camion con quello del mezzo non identificato, graduando la responsabilità del conducente del camion con quello dell’autovettura pirata. Conseguentemente condanna al risarcimento del danno non patrimoniale, liquidato in 4.235,30 euro, nonché al danno patrimoniale, in misura pari ad 14.787,66 euro.
La vicenda approda in Cassazione, che accoglie parzialmente (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 7 febbraio 2025, n. 3134).
Il ricorso in Cassazione
Viene lamenta la decisione nella parte in cui, condannando la assicurazione a manlevare la Groupama nella misura del 50% di quanto da questa pagato e ancora da pagare, a causa della concorrente responsabilità della vettura pirata nel sinistro, in relazione ai danni a persone e cose, là dove l’art. 19 lett. a) della Legge n. 990/1969, applicabile ratione temporis, limita l’intervento del FGVS, in caso di danno cagionato da veicolo rimasto ignoto, ai soli danni alle persone. Oltre a ciò, la compagnia ricorrente si duole specificamente dell’affermazione per cui la domanda di rivalsa era stata reiterata in appello dalla Groupama, contrariamente al vero.
In sintesi, ciò che lamenta la compagnia è che risulta applicabile non già l’art. 283 D.Lgs. n. 209/2005 (entrato in vigore in data 1.1.2006), bensì l’art. 19, comma 2, della Legge n. 990/1969, che in caso di sinistro cagionato da veicolo rimasto non identificato, espressamente stabilisce che il risarcimento è dovuto solo per i danni alla persona.
Pertanto, la Corte napoletana ha errato nell’estendere la portata della manleva anche ai danni alle cose, sicché il ruolo del FGVS, in relazione al ruolo assunto dal veicolo pirata, non può che essere rideterminato in ragione della norma effettivamente applicabile al caso di specie.
Travisamento della prova
La Cassazione sottolinea che nel caso in esame non vi è stato alcun travisamento della prova, esso non è coerente col recente pronunciamento di Cass., Sez. Un., n. 5792/2024, secondo cui “Il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale”.
In sostanza, ciò di cui si lamenta la ricorrente investe proprio la verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, il che resta escluso dal concetto di travisamento della prova, nei termini apprezzati in sede nomofilattica.
Concludendo, la sentenza impugnata è cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.
Avv. Emanuela Foligno