Infermieri psichiatrici senza indennizzo. Chi li protegge dai pazienti?

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Francesco Balducci, coordinatore nazionale FSI-CNI ci racconta la realtà degli infermieri psichiatrici che operano nelle REMS, residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria senza coercizione

Malattia mentale e propensione al crimine. Pericolosità sociale e fragilità assoluta. Confini labili, che una volta oltrepassati conducevano all’ergastolo «bianco» degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Appurata l’inefficienza degli OPG in termini di cure e recupero del paziente, la legge 81/2014 ne ha disposto la chiusura in favore delle REMS, residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria senza coercizione. Si risparmia ai malati un ambiente carcerario peggiorativo delle loro condizioni, e scompaiono i “secondini”, agenti di polizia penitenziaria che affiancavano i sanitari nei vecchi manicomi. Ma chi protegge adesso il personale ospedaliero dai soggetti in questione? È previsto un indennizzo nell’eventualità di incidenti o danni permanenti arrecati ai dipendenti in servizio? Ne abbiamo parlato con Francesco Balducci, coordinatore nazionale FSI-CNI (Federazione Sindacati Indipendenti – Coordinamento Nazionale Infermieri), sigla sindacale che ha puntato i riflettori sulle brutali aggressioni subite da tre infermieri nella REMS di Caltagirone.

Come cambia la tutela del personale sanitario nel passaggio dagli OPG alle REMS?

Ad oggi non esiste una risposta concreta, perché la materia non è stata regolamentata a livello contrattuale. Nei vecchi OPG la gestione dei malati mentali colpevoli di reati era competenza del Ministero di Grazia e Giustizia e del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria. Il personale impiegato dipendeva direttamente dal Ministero, oppure prestava servizio con partita iva previa sottoscrizione di una convenzione, e veniva indennizzato secondo le norme di tutela dei rischi valutati previste dal DAP. Gli attuali sanitari delle REMS, invece, fanno capo al contratto collettivo nazionale della sanità pubblica, che non contempla questo tipo di casistica.

Cosa prevede il CCNL della sanità per gli infermieri psichiatrici?

Assolutamente nulla. Quella dell’infermiere specializzato in psichiatria è una figura professionale formalmente inesistente, sebbene il decreto ministeriale 739/94 distingua cinque diverse specializzazioni della professione infermieristica (sanità pubblica, area pediatrica, salute mentale-psichiatria, geriatria, area critica). Non è mai stato istituito un percorso di formazione ad hoc per la gestione di questi pazienti. I corsi universitari non sono partiti, né esiste un riconoscimento di tali mansioni a livello contrattuale. I medici, invece, possono specializzarsi in branche differenti e vedersene riconosciuta la specificità.  Per gli infermieri non c’è qualifica, se non quella generica. Inoltre l’ultimo CCNL della sanità è stato codificato nel 2006, cioè ben prima dell’istituzione delle REMS, non previste in alcun modo dal documento. Scaduto nel 2009, non è mai stato rinnovato.

A chi compete quindi la gestione del personale impiegato nelle REMS?

La responsabilità delle risorse è stata interamente scaricata sulle ASL e sulle Regioni. Lo Stato ha messo a disposizione dei fondi da ripartirsi fra le diverse aree territoriali secondo un duplice criterio:  il 50% della somma viene calcolata in rapporto alla quantità della popolazione residente in regione, la restante metà 50% in base al numero delle strutture dislocate sul territorio. Resta quindi discrezionalità regionale quella di riconoscere indennizzi in caso di incidenti, sempre facendo i conti con l’esiguità delle risorse fruibili. In Emilia Romagna, ad esempio, l’azienda sanitaria locale ha stipulato un accordo sindacale che  estende agli infermieri psichiatrici la maggiorazione retributiva prevista dal CCNL solo per il personale di servizio nei reparti ad alto rischio: rianimazione, malattie infettive, sala operatoria, dialisi. Cifre di per sé ridicole: 4 euro al giorno durante i feriali e 15 euro per i turni festivi. Si consideri che un operaio edile percepisce esattamente il doppio.

Com’è considerata l’aggressione ai danni di un infermiere?

Si tratta di un infortunio sul lavoro a tutti gli effetti. Il decreto legislativo 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro) prescrive l’obbligo, per il datore di lavoro, di attivare tutte le misure di prevenzione del rischio. Nella stesura del decreto istitutivo delle REMS, questo non è avvenuto: le criticità sono state sottostimate, nell’ottica tutta italiana di considerare le problematiche sopravvenute a posteriori per rivedere in seguito l’impostazione generale del sistema. Nel caso dei reparti criminali psichiatrici non si può aspettare una sciagura per predisporre tutele e adeguamenti contrattuali. L’evidenza ignorata sta nella natura patologica dei pazienti: potenzialmente assassini, nel 30% dei casi già colpevoli di omicidio.

Come può difendersi un operatore sanitario da un paziente psicopatico?

Premesso che la responsabilità preponderante della gestione dei malati ricade senz’appello su medici e infermieri, questi ultimi non possono rendere inoffensivo un malato in condizioni di agitazione o pericolosità. La contenzione in sé è un atto di privazione della libertà attuabile solo da un ufficiale di pubblica sicurezza, ormai escluso dalle REMS. Un infermiere può chiamare la polizia, che tuttavia giunge in ospedale armata, al contrario di quanto fanno le guardie carcerarie nei penitenziari. Questo genera un ulteriore elemento di rischio: si pensi al caso Perrone, ergastolano evaso dall’ospedale Vito Fazzi di Lecce sottraendo la pistola ad uno degli agenti di scorta.

Quali sono le maggiori criticità della legge 81/2014 e cosa si può fare per superarle?

Non sono state pianificate le conseguenze della chiusura degli OPG. La norma ha delegato alle Regioni l`attuazione dei provvedimenti in materia di salute mentale, generando peraltro una difformità di trattamento assistenziale: mentre alcune sono state tempestive nell`attuazione, altre hanno tardato, con gravissime conseguenze. Mancano i fondi necessari, c’è bisogno di più personale. Ci hanno segnalato casi di REMS che impiegano 1 operatore sanitario ogni 20 pazienti. Va riconsiderata la stima dei rischi con conseguente attuazione di contromisure preventive. Cogente la necessità di creare un percorso professionale a sé, che includa lezioni di autodifesa e contenzione, cui far corrispondere indennità specifiche. Chiediamo al Ministero di Giustizia e al Ministero della Salute una modifica del decreto attuativo delle Rems e un’integrazione della circolare con l’Amministrazione penitenziaria.

Il passaggio dagli OPG alle REMS è stato un errore?

In linea di principio è positivo e condivisibile. Negli OPG i pazienti vivevano situazioni inenarrabili, da Shoah. Resta il fatto che non si può liquidare un problema di simile portata ignorandolo e scaricandolo su persone impreparate ad affrontarlo. Le istituzioni hanno individuato una “soluzione di facciata” per il Paese, con un modus operandi inammissibile.

A cura Viviana Passalacqua

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