Infezione nosocomiale letale, il Tribunale di Roma decuplica il danno biologico

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Il Giudice del Tribunale di Roma decuplica in via equitativa il danno biologico terminale patito dalla paziente a causa di una infezione nosocomiale e liquida anche il danno morale da lucida agonia (Tribunale Roma, sez. XIII, 18/12/2023, n.1815).

L’iter clinico

A seguito della comparsa di una sintomatologia caratterizzata da un calo dell’udito, instabilità nella marcia e vertigini soggettive, la paziente si era sottoposta a una risonanza magnetica dell’encefalo che evidenziava la necessità di un intervento chirurgico.

L’intervento di asportazione di un neurinoma associato a meningioma veniva eseguito il 02/08/2012. In data 06/08/2012 veniva eseguita una consulenza infettivologica che evidenziava in sede di Rx torace la presenza di un addensamento e di secrezioni. Due giorni dopo, un’ulteriore consulenza infettivologica evidenziava la positività per Klebsiella.

Il 17/08/2012 il previsto intervento per la internalizzazione del drenaggio veniva rinviato a causa dello stato febbrile della paziente e del suo contestuale isolamento in forza dell’infezione in corso. Il 20 agosto 2012 la consulenza infettivologica riscontrava, all’esame colturale del liquor, la presenza di una positività per gram negativi compatibili in prima ipotesi per Klebsiella; in data 20/08/2012 veniva eseguito un ulteriore intervento chirurgico di sostituzione del drenaggio ventricolare. Il successivo 21/08/2012 veniva confermata la positività per Klebsiella resistente a tutti gli antibiotici e una positività anche nell’urinocoltura.

Nei giorni successivi, l’infezione coinvolgeva anche il drenaggio ventricolare e si rendeva indispensabile la sostituzione dello stesso (eseguita il 25 agosto) per evitare il peggioramento dell’infezione.

Nei giorni successivi veniva proseguita la terapia in atto; ai primi di settembre il lieve miglioramento della paziente era regredito, per cui era ripristinata la somministrazione di antibiotico; che in data 08/09/2012 un’ulteriore consulenza infettivologica aveva riscontrato il fallimento dell’attuale terapia in atto e tra le eziologie della polmonite aveva preso in considerazione una seconda infezione da Klebsiella p. MDR.

Il susseguirsi delle consulenze infettivologiche sino alla data del 20/09/2012 avevano riscontrato un venir meno dell’infezione in corso e sottolineavano l’elevato rischio relativo alla presenza della derivazione esterna per ridurre il rischio di ulteriori infezioni. In data 21/09/2012 veniva eseguito un intervento chirurgico di DVP – idrocefalo. In data 27/09/2012 il riscontro infettivologico evidenziava un’ulteriore infezione per Candida albicans. In data 28/09/2012 veniva eseguito un intervento chirurgico di posizionamento drenaggio ventricolare esterno. In data 01/10/2012 la paziente evidenziava una possibile recidiva da KPC o una reinfezione. In data 02/10/2012 era sottoposta a ulteriore intervento chirurgico per il malfunzionamento della valvola ventriloco-peritoneale. In data 03/10/2012 la consulenza infettivologica evidenziava condizioni generali gravissime e conferma della crescita di Klebsiella panresistente ossia non sensibile ad alcun antibiotico disponibile. Il 04/10/2012 la paziente decedeva.

La vicenda giudiziaria

I familiari della vittima evidenziano che la paziente, all’ingresso presso il Policlinico Umberto I, presentava condizioni generali buone, con l’ovvia esclusione della patologia neurologica riscontrata, con esami ematochimici nella norma. Avanzavano che si era in presenza di una tipica infezione nosocomiale correlata al ricovero sostenuta da Klebsiella MDR e da Candida abicans; quindi, deducevano la responsabilità della Struttura sanitaria.

Trattandosi di presunta infezione nosocomiale, la Struttura convenuta ha l’onere di fornire la prova della specifica causa imprevedibile e inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione, intesa però non quale astratta predisposizione di presidi sanitari potenzialmente idonei a scongiurare il rischio di infezioni nosocomiali, bensì come impossibilità in concreto dell’esatta esecuzione della prestazione di protezione direttamente e immediatamente riferibile alla singola paziente interessata.

Nel merito, il Giudice preliminarmente evidenzia che il punto controverso da dirimere non attiene alla causa prossima del decesso della paziente, ma al primum movens ossia all’innescarsi della sequenza causale che ha determinato il processo flogistico da cui è derivata la morte per una infezione nosocomiale o per una recidiva determinata dalla multi resistenza farmacologia della Klebsiella MDR originariamente contrattata.

La Consulenza Tecnica

La CTU ha accertato “Nel periodo post-operatorio la signora ebbe una serie di gravi infezioni che, nonostante i trattamenti e le terapie, opportunamente e adeguatamente somministrate, provocarono severe complicanze per le quali, il 06/10/2012, venne a morte. La paziente decedette per: “Broncopolmonite causata con elevata probabilità da K. pneumoniare multiresistente esitata in ARDS, postumi di Meningoencefalite da K. pneumoniae multiresistente, Candidosi sistemica; malattie insorte dopo l’intervento neurochirurgico di asportazione di un Meningioma meningotelialee di Schvvannoma dell’VIII NC di grado I complicato da idrocefalo che necessitò di DV decompressiva e da successivo emoventricolo”. Si trattò di contagio nosocomiale di un’infezione microbica correlata alla assistenza (ICA), dovuto un germe molto aggressivo ed invasivo quale la Klebsiella spp. XDR, batterio Gram negativo. Tale batterio è capace di metastatizzare facilmente nei tessuti dell’ospite, laddove si moltiplica con rapidità, ad onta della terapia, poiché dotato di enzimi in grado di metabolizzare le testate antibiotiche somministrate, travolgendo le difese dell’ospite fragile, come avvenne in questo caso. A Klebsiella spp. si associò la sepsi da Candida spp, infezione generalizzata, che a sua volta complicò ulteriormente la gestione terapeutica, dovendosi associare farmaci antimicotici che richiesero un delicato monitoraggio del metabolismo epato – renale, essendo principali organi bersaglio degli effetti collaterali di questi farmaci… nel caso della signora significativo impatto patogeno ha avuto anche l’infezione da Candida albicans, fino a divenire con l’iniziale positività all’emocoltura (del 07-09-2012) un rischio ponderato di candidosi invasiva (come riportato nella consulenza successiva dell’11-09-2012)… può divenire un patogeno estremamente aggressivo quando si abbiano condizioni permittenti, quali uno stato di immunocompromissione dell’organismo specie per l’azione sinergica di altri agenti patogeni, come nel caso in esame. Ricordando che le infezioni endogene sono quelle provocate da un microrganismo già presente nell’ospite come non patogeno. Ciò, tra l’altro, quando i microrganismi presenti nella flora normale causano infezione per trasmissione in siti estranei al loro habitat naturale. Che l’infezione da Candida Albicans possa considerarsi, nel caso in esame, di pertinenza nosocomiale proprio per le modalità sovraesposte, che hanno portato alla virulentazione d’un saprofita, tale da divenire patogeno aggressivo invadendo il circolo ematico, ove normalmente non è e non può essere presente…”.

L’ospedale deve fornire prova della propria prevenzione

Il Policlinico Umberto I non ha esibito documenti di efficienza ed efficacia riguardanti la propria attività di prevenzione, controllo e verifica delle infezioni ospedaliere correlate alla assistenza. Sono stati infatti allegati solo protocolli teorici di Linee Guida e Raccomandazioni in minima parte raffrontabili con la prassi esecutiva effettiva, che pertanto non permettono alcuna valida giustificazione positiva della reale attività di stewardship antimicrobica dell’ospedale. Risulta mancante la documentazione di monitoraggio e controllo igienico sanitario ambientale effettivamente eseguita nei reparti e nelle sale operatorie ove transitò la paziente, i riferimenti ai verbali CIO e la rilevazione epidemiologica ospedaliera sul tipo di colonizzazione microbica eventualmente presente.

In altri termini, la Azienda Ospedaliera convenuta non ha unito la documentazione probante della effettiva attività svolta sul campo. Oltre ai documenti dimostrativi dei controlli igienico sanitari svolti negli ambienti di ricovero, diagnosi e cura, non è stata reperita la documentazione delle consegne e delle rese del materiale sanitario adoperato durante gli interventi neurochirurgici sulla paziente con la relativa etichettatura di provenienza dal Servizio di sterilizzazione, autoclavaggio e rientro.

A maggior ragione, considerato lo stato della paziente e il fattore di rischio era necessaria una maggiore soglia di allarme e una più che accurata sanificazione di tutti i suoi passaggi durante il ricovero. Pertanto, la prevedibilità dell’evento avverso, focalizza la responsabilità del Policlinico ben al di fuori del perimetro di una responsabilità oggettiva sia sul versante contrattuale che extracontrattuale, imponendo la prova dell’osservanza delle precauzioni imposte dai protocolli.

Accertata, pertanto, la responsabilità del Policlinico, il Giudice riconosce il danno biologico terminale per tutto il periodo della degenza della paziente dal 13/8/2012 al 7/10/2012 data del decesso, per un totale di giorni 55.

Il risarcimento decuplicato in via equitativa

Applicando le tabelle romane tale posta corrisponde a 7.043,85 euro somma che viene decuplicata in via equitativa, a 70.438,50 euro perché tale danno, anche se temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, ed è relativo agli ultimi giorni di vita della paziente che ha subito un susseguirsi drammatico di trattamenti, interventi (v. da ultimo il 28/9 e il 2/10), terapie sino alla morte.

Venendo al danno morale terminale (o da lucida agonia o catastrofale o catastrofico), dall’esame della documentazione medica in atti e della CTU, il Giudice ritiene raggiunta la prova della percezione della morte imminente da parte del soggetto leso a partire dal 20/9/2012 in cui si registra un peggioramento irreversibile delle sue condizioni di salute definite “estremamente critiche”, dopo il lieve miglioramento registrato nei giorni precedenti con una paziente in condizioni cliniche scadute, ma vigile e collaborante tanto da essere sottoposta a intervento chirurgico il successivo 21/9/2012 e rimasta vigile fino al giorno 1/10/2012 quando veniva sedata e intubata e le sue condizioni venivano definite “gravissime” il 3/10/2012.

Per la liquidazione del danno terminale, come da tabelle romane, viene liquidato l’importo di 151.498,50 euro.

Infine, rigettata la domanda di danno da perdita parentale per carenza della prova da parte delle vittime secondo i canoni dell’art. 2043 c.c. Il ragionamento svolto dal Giudice è semplice: la circostanza che la Struttura non abbia prodotto la prova del corretto adempimento delle proprie obbligazioni di sicurezza sanitaria non equivale a ritenere, nel versante della responsabilità extracontrattuale, che sia stata allegata e prodotta la prova della condotta colpevole della medesima Struttura con riferimento al periodo di insorgenza dell’ICA.

Avv. Emanuela Foligno

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