Infortunio dello studente durante la lezione di educazione fisica

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Presso l’Istituto Superiore di Padova, il 9 ottobre 2012, la studentessa si infortunava nel corso della lezione di educazione fisica.

I fatti

Nello specifico, su istruzione degli insegnanti presenti, stava eseguendo un esercizio consistente nel giocare a rugby con i compagni di scuola in un cortile interno della palestra. Le squadre erano formate da due ragazzi per parte; la vittima, a seguito di una colluttazione con la squadra avversaria, che cercava di sottarle la palla di mano, veniva strattonata e cadeva all’indietro sbattendo la nuca contro il pavimento in cemento.

Pertanto viene invocata la responsabilità dell’istituto scolastico ex artt. 1218 e 2048 c.c., in quanto i docenti, durante l’orario scolastico, avevano permesso l’esecuzione di un esercizio intrinsecamente pericoloso, in un ambiente inadatto, dal pavimento in cemento, senza prendere le dovute precauzioni.

Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettano la domanda e la vicenda si spinge in Cassazione.

Il ricorso in Cassazione

Secondo la vittima, la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che l’attività svolta, proposta per avvicinare gli studenti alla pratica del rugby, in realtà portava con sé tutti i rischi connessi a tale sport, rispetto ai quali non erano state adottate le necessarie cautele e misure, tenuto conto del contesto, della minore età e dell’indole degli allievi. Ed ancora ella deduce che la vicenda avrebbe dovuto essere inquadrata nell’alveo della responsabilità contrattuale e non extracontrattuale come fatto dai Giudici di appello.

Il rigetto della Corte di Cassazione

La S.C. ritiene tutte le censure infondate (Corte di Cassazione, III civile, 25 luglio 2024, n. 20790). Infatti la Corte veneta si è conformata ai principi della materia secondo cui: “In tema di danni conseguenti ad un infortunio sportivo subito da uno studente durante una gara svoltasi all’interno della struttura scolastica nell’ora di educazione fisica, ai fini della configurabilità della responsabilità della scuola ai sensi dell’art. 2048 c.c., è necessario:

  • a) che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente partecipante alla gara, il quale sussiste se l’atto dannoso sia posto in essere con un grado di violenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato o con il contesto ambientale nel quale l’attività sportiva si svolge o con la qualità delle persone che vi partecipano, ovvero allo specifico scopo di ledere, anche se non in violazione delle regole dell’attività svolta, e non anche quando l’atto sia compiuto senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole della disciplina sportiva, né se, pur in presenza di una violazione delle regole dell’attività sportiva specificamente svolta, l’atto lesivo sia a questa funzionalmente connesso.
  • b) Che la scuola non abbia predisposto tutte le misure idonee ad evitare il fatto. Ne consegue che grava sullo studente l’onere di provare l’illecito commesso da un altro studente, mentre spetta alla scuola dimostrare l’inevitabilità del danno, nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee ad evitare il fatto”.

Il danno esente da responsabilità – criteri

Inoltre, la Cassazione richiama il criterio per individuare in quali ipotesi il comportamento che ha provocato il danno sia esente da responsabilità, ovverosia: lo stretto collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo. Non vi è “collegamento” quando l’azione sia stata compiuta allo scopo di ledere, ovvero con una violenza incompatibile con le caratteristiche concrete del gioco, con la conseguenza che sussiste in ogni caso la responsabilità dell’agente in ipotesi di atti compiuti allo specifico scopo di ledere, anche se gli stessi non integrino una violazione delle regole dell’attività svolta.

Entrambi i Giudici di merito hanno correttamente applicato tali principi. Risulta accertato che:

  • a) non si trattava di una partita di rugby, bensì di un esercizio di educazione fisica consistente nel simulare una fase di gioco all’interno della palestra, precisando che “si bloccava la persona, ma non c’era placcaggio”.
  • b) Il Ministero dell’Istruzione nei suoi programmi di educazione fisica relativi alle scuole superiori include la pratica sportiva e lo svolgimento di esercizi ginnici e/o di gare tra contrapposte squadre di studenti. Peraltro nel caso di specie non si trattava di pratica sportiva in senso proprio, ma di un esercizio propedeutico alla pratica sportiva del rugby, come si è detto caratterizzato da limitato contatto fisico.
  • c) Un istruttore di rugby aveva adeguatamente illustrato l’esercizio agli alunni ed era rimasto presente durante lo svolgimento dello stesso, unitamente a tre insegnanti.
  • d) Il pavimento della palestra era in linoleum, materiale normalmente usato nelle palestre proprio perché attutisce i colpi.

Corretta, pertanto, la motivazione di merito “la condotta delle alunne (anni 14) che componevano la squadra avversaria a quella dell’attrice è stata repentina ed imprevedibile e non poteva essere impedito” … “rientra l’evento nell’alea normale dell’attività sportiva cui la studentessa ha preso parte durante l’ora di educazione fisica”.

L’attività sportiva non può essere definita pericolosa

Nel concludere con il rigetto del ricorso, la Cassazione rammenta che l’apprezzamento sulla pericolosità dell’attività svolta, quando non è espresso dal legislatore, è rimesso alla valutazione del Giudice di merito.

L’attività sportiva non può essere definita – in linea generale – attività pericolosa, può essere considerata tale solo in presenza di caratteristiche intrinseche di pericolosità, oppure passaggi di particolare difficoltà (in tal senso vengono richiamate Cass. 26860/2023 e 18903/2017 che riguardano il rafting).

Avv. Emanuela Foligno

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