Il pregiudizio non patrimoniale e/o conseguenza derivante dalla violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione deve essere provato (Tribunale di Siracusa, Sez. II, sentenza n. 766/2020 del 19 agosto 2020)

Gli eredi del paziente defunto citano a giudizio l’Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa e la Casa di Cura privata onde vederne accertata la responsabilità medica e l’omissione di consenso informato. Gli attori deducono che il paziente, colpito da infarto miocardico acuto, era stato vittima di un’errata diagnosi cardiaca in occasione della prima visita presso il pronto soccorso dell’ospedale di Noto avvenuta il 18 giugno 2005 e successivamente vittima di un errato intervento chirurgico di rivascolarizzazione coronarica, svoltosi il 15 luglio 2005 presso la Casa di Cura.

Gli attori, inoltre, azionano un’autonoma domanda di risarcimento del danno iure hereditario nei confronti della Casa di Cura sul presupposto che al paziente non veniva data adeguata informazione con riguardo all’intervento di rivascolarizzazione coronarica che ne causava il decesso.

Entrambi i convenuti si costituiscono in giudizio e nelle more del giudizio gli attori definiscono con transazione la posizione nei confronti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa.

Conseguentemente la causa va a decisione solo riguardo la posizione della Casa di Cura e viene istruita con l’espletamento di CTU Medico-legale.

Il Consulente ha accertato la mancanza di colpa medica della Casa di Cura con riferimento ai due interventi eseguiti nei giorni 11 e 15 luglio 2005.

In considerazione di ciò, in comparsa conclusionale gli attori limitano la richiesta di risarcimento del danno alla domanda di condanna del Centro privato per omesso consenso informato e lesione della libertà di autodeterminazione del paziente.

Il Tribunale ritiene infondata tale lamentata omissione.

Il paziente deceduto si recava una prima volta presso il PS dell’ospedale di Noto il 18 giugno 2005, allorché fu erroneamente effettuata dai sanitari diagnosi “di ipotensione iatrogena” anziché di “ischemia a sede inferiore” e fu erroneamente consigliato di sospendere il trattamento antiipertensivo, ed una seconda volta il 25 giugno 2005 allorché gli fu diagnosticato un “infarto del miocardio” e fu accertata a seguito di coronarografia una malattia coronarica consistente in “stenosi significativa del tronco comune, occlusione della discendente anteriore, stenosi critica a carico della circonflessa e occlusione della coronaria destra “, diagnosi che non consentiva la soluzione del problema con procedure di angioplastica, ma che richiedeva un intervento cardiochirurgico.

Difatti, proprio per tale ragione il paziente veniva trasferito alla Casa di Cura specializzata in cardiologia, ma ormai la situazione era fortemente compromessa.

Il Tribunale osserva che l’omessa acquisizione del consenso informato preventivo al trattamento sanitario, fuori dai casi in cui lo stesso debba essere praticato in via d’urgenza e il paziente non sia in grado di manifestare la propria volontà, determina la lesione della libera determinazione del paziente, quale valore costituzionalmente protetto dagli artt. 32 e 13.

La concretizzazione del danno da lesione della libera determinazione terapeutica, si sostanzia in un credito risarcitorio che entra nella sfera soggettiva del paziente e che è trasmissibile iure hereditario agli eredi del defunto che lamentino tale lesione.

Ciò posto, il consenso informato deve essere costituito da informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell’intervento, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative.

Difatti, non è da ritenersi idonea la sottoscrizione da parte del paziente di una modulistica generica.

Inoltre, ribadisce il Tribunale, l’inadempimento dell’obbligo di informazione sussistente nei confronti del paziente, rileva ai fini risarcitori anche in assenza di un danno alla salute o in presenza di un danno alla salute non ricollegabile alla lesione del diritto all’informazione.

Il paziente deceduto veniva adeguatamente informato della necessità dell’intervento chirurgico e delle conseguenze che sarebbero potute scaturirne.

Viene osservato che nella Cartella clinica risulta che il paziente veniva informato delle sue condizioni di salute e che lo stesso acconsentiva sia all’intervento di by-pass aorto-coronarico, sia a quello coronarico e all’eventuale trattamento trasfusionale.

Le complicanze dei due interventi chirurgici sono adeguatamente indicate nella modulistica del consenso in quanto indicano: sanguinamenti, infezioni, ischemie celebrali, insufficienza renale ed infarto miocardico intra e post operatorio.

Ma oltre a ciò, la domanda di parte attrice non può comunque essere accolta in quanto manca la prova del pregiudizio non patrimoniale e/o conseguenza derivante dalla violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione in sé considerato.

Inoltre, non è stata fornita la prova che, ove adeguatamente informato, il paziente non si sarebbe sottoposto al trattamento che poi lo ha condotto alla morte.

Tale circostanza è del tutto inverosimile data la gravità delle condizioni del paziente che non ammettevano altre soluzioni percorribili

In conclusione il Tribunale rigetta la domanda di risarcimento per omesso consenso informato e condanna gli attori alle spese di giudizio e di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

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