La Cassazione analizza quale debba essere la prova, da parte dei congiunti, del danno da perdita del rapporto parentale (Cassazione civile, sez. III, 30 gennaio 2024, n. 2776).
Il caso
Il paziente veniva sottoposto a colonoscopia presso il Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze. L’esame evidenziava la presenza di polipi del colon nonché di lesioni dell’intestino che, all’esito dell’esame istologico, risultavano maligni, in particolare “adenomi tubulo villosi intestinali”.
Successivamente, a seguito della comparsa di dolori addominali ingravescenti, si recava nuovamente presso il pronto soccorso del Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio. Eseguita altra colonscopia veniva a breve sottoposto a intervento chirurgico, ma le condizioni si aggravavano progressivamente al punto da determinarne lo spostamento in rianimazione, dove decedeva.
La vicenda giudiziaria
I congiunti citavano a giudizio l’Azienda Sanitaria per ottenere il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale causata dall’operato dei Medici che perforavano l’intestino nel corso della seconda colonscopia.
Il Tribunale di Firenze, disposta CTU, accoglieva la domanda riconoscendo sia il danno non patrimoniale iure proprio che quello patrimoniale, quest’ultimo a favore di soli due congiunti. La Corte d’Appello di Firenze confermava integralmente la decisione di primo grado con sentenza del 19/8/2021.
Il ricorso in Cassazione
L’Azienda Sanitaria ricorre in Cassazione censurando, per quanto qui di interesse, il capo di sentenza che ha riconosciuto agli eredi del paziente deceduto il danno per la perdita del rapporto parentale. Sostiene che il danno sarebbe stato riconosciuto come se fosse in re ipsa, ossia senza che gli eredi abbiano fornito alcuna prova del legame affettivo che li univa al loro congiunto. Secondo la tesi dell’Azienda Sanitaria, il danno da perdita del rapporto parentale non può essere desunto dal semplice e solo rapporto di parentela, ma occorre che i congiunti alleghino elementi tali dai quali poter indurre che, dati gli effettivi rapporti esistenti, la perdita del congiunto ha costituito per loro una effettiva sofferenza o comunque un effettivo pregiudizio.
Sempre in riferimento alla prova del danno da perdita del rapporto parentale, l’Azienda ricorrente sostiene anche che deve ritenersi del tutto infondata l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui “parte attrice avrebbe allegato che, a seguito del decesso del congiunto, sarebbero derivate conseguenze di tipo esistenziale e morale nel nucleo familiare costituito dagli attori.”
Le censure vengono considerate infondate. La Suprema Corte analizza quale debba essere la prova, da parte dei congiunti, del danno da perdita del rapporto parentale.
Le motivazioni della Cassazione
La prova delle conseguenze derivanti dalla perdita del rapporto parentale è ricavabile per presunzioni dallo stesso rapporto di parentela secondo un principio di diritto affermato da nei seguenti termini: “L’uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del quantum debeatur); in tal caso, grava sul convenuto l’onere di provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo” (Cass. 22937/2022; negli stessi termini Cass. 9010/2022).
Pertanto, correttamente entrambi i Giudici di merito hanno ritenuto di dover presumere l’esistenza di pregiudizi rilevanti, ricavabili dal rapporto di parentela. Nel concreto si trattava di coniuge, figli e fratelli e dunque di quella categoria di parenti assistiti dalla presunzione iuris tantum di aver patito una conseguenza pregiudizievole a causa del decesso del congiunto, e che competeva dunque alla Azienda sanitaria dimostrare che, a dispetto di quel rapporto di parentela, il decesso del paziente non ha causato nei congiunti che hanno agito in giudizio alcun pregiudizio risarcibile.
Avv. Emanuela Foligno