Lesioni agli arti inferiori e superiori del neonato vengono lamentate dai genitori del neonato in danno del Ginecologo, dell’Ostetrica e del Pediatra (Cassazione civile, sez. III, 26/04/2022, n.12964).

Lesioni agli arti inferiori e superiori del neonato che si manifestavano subito al momento del parto, oltre a una evidente macrocefalia ed un aspetto cianotico che, secondo la tesi dei genitori, era sintomo di una difficoltà già evidente al momento del parto stesso e di cui i sanitari intervenuti non si sarebbero accorti.

I genitori del neonato, presentano una denuncia querela che ha dato luogo ad un lungo procedimento penale, conclusosi con la declaratoria di estinzione per prescrizione.

Successivamente, agiscono in sede civile e il Tribunale di Avellino, dopo esperimento di CTU Medico-legale, rigetta la domanda ritenendo non provato il nesso causale tra le gravi lesioni agli arti inferiori e superiori e la condotta dei Sanitari convenuti.

In buona sostanza, dalla CTU non è emerso con certezza che il danno subito dal neonato si fosse verificato al momento del parto, e per le ragioni descritte dagli attori, potendo trattarsi di una malformazione prenatale di impossibile gestione.

La Corte di Appello di Napoli ha confermato integralmente il giudizio reso in primo grado.

I genitori del neonato danneggiato si rivolgono alla Suprema Corte denunciando violazione dell’art. 112 cpc, acritica adesione alle conclusioni della CTU, difetto di motivazione e omessa pronuncia.

Le censure sono tutte inammissibili.

I ricorrenti, in appello avevano articolato sette motivi di impugnazione, ciascuno dei quali poneva una specifica questione ed una specifica censura alla decisione di primo grado. Tuttavia, la Corte territoriale, ritenendo che i motivi costituissero sostanzialmente in realtà un motivo unico, ha omesso la distinta disamina dei singoli motivi di impugnazione incorrendo in tal modo nel vizio sia di omessa pronuncia che, in alternativa, di difetto di motivazione rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Invero, è principio di diritto pacifico che “il mancato esame, da parte del giudice di appello, di argomentazioni tradottesi in distinti motivi di gravame non si traduce in una violazione di legge per mancanza di motivazione, se la sentenza contiene l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto che sorreggono la decisione dei punti devoluti al giudice di appello, ma eventualmente può comportare soltanto un vizio di motivazione insufficiente o contraddittoria, se le questioni di fatto, proposte con il motivo non esaminato, sono decisive ai fini dell’accertamento dei fatti, ovvero un vizio di violazione di legge, se il motivo non esaminato propone fondate questioni di diritto”.

Il vizio di motivazione sussiste solo se il Giudice trascuri l’esame di elementi che avrebbero potuto portare a una diversa decisione.

Nella sentenza impugnata sono chiare le ragioni per le quali si conferma la decisione del primo grado circa l’accertamento dell’assenza del nesso di causa tra la condotta dei sanitari convenuti e le lesioni agli arti inferiori e superiori del neonato.

In sostanza, non vi è alcuna omessa pronuncia.

Riguardo l’adesione asseritamente acritica alla CTU, il Giudice d’appello ha ribadito che la motivazione per relationem di primo grado, era sufficiente a render conto della decisione assunta.

La Corte di appello mostra di conoscere la regola per la quale, qualora siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate alla CTU, il giudice di merito è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione alle conclusioni del Consulente, e difatti ne ha dato conto nella decisione impugnata.

La Corte d’appello ha comunque motivato perché ha ritenuto sufficiente la motivazione del Giudice di primo grado, e lo ha fatto indicando le ragioni che hanno fondato la decisione quanto alla ritenuta insussistenza del nesso causale, ragioni ricavate dall’elaborato peritale.

Per quanto riguarda la terza censura, i ricorrenti avevano evidenziato in primo grado che uno dei CTU, in una pubblicazione scientifica precedente, aveva sostenuto, relativamente alla prassi da seguire in casi come quello in questione, una tesi completamente disattesa in sede di consulenza.

Quanto asserito, concerne una questione di fatto la cui rilevanza è rimessa al Giudice di merito e che non può essere messa in discussione in sede di legittimità.

Del resto, non risulta dal motivo di ricorso che vi sia una effettiva contraddizione tra quanto sostenuto in sede teorica dal Consulente e quanto da costui sostenuto invece nella perizia resa nel processo, né risulta che tale contraddizione sia tanto decisiva da dover essere presa in considerazione, o che, se fosse stata tenuto in conto, avrebbe comportato una decisione diversa.

Venendo all’ultima censura, inerente l’incompletezza della cartella clinica, che è stata liquidata come questione assorbita dalla Corte d’appello, la Suprema Corte ne rileva l’infondatezza.

E’ stata ritenuta assorbita la questione della rilevanza della cartella clinica in quanto dalle prove assunte, e non solo dalla CTU ma anche dalle prove testimoniali, era da escludersi il nesso causale tra la condotta dei sanitari e le lesioni agli arti inferiori e superiori del neonato, e che dunque, escluso tale nesso, era irrilevante che la cartella clinica fosse stata compilata in modo adeguato, oppure no.

In conclusione, il ricorso viene integralmente respinto.

Avv. Emanuela Foligno

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