Intervento di mastoplastica additiva eseguito con imperizia (Tribunale Reggio Emilia sez. II, 17/02/2022, n.188).

Intervento di mastoplastica additiva mal eseguito viene fatto valere dalla paziente che a distanza di otto anni dall’intervento, promuove Accertamento Tecnico Preventivo in danno del Chirurgo e della Struttura, deducendo l’esistenza di una colpa medica nell’effettuazione dell’intervento e domandando di quantificare il danno subìto.

Dopo il deposito dell’ATP, la donna promuove giudizio di merito dinanzi il Tribunale d Reggio Emilia,  sul presupposto che l’ATP avrebbe -a suo dire-  confermato l’esistenza di un erroneo intervento di mastoplastica additiva, produttivo di inestetismi derivanti da differenza di forma e volume delle due mammelle.

Per contro, la Struttura deduce che, così come accertato dall’ATP, i modesti inestetismi residuati, integrati da una leggera asimmetria mammaria, erano riferibili ad una complicanza ben descritta nella letteratura scientifica e della quale la paziente era stata adeguatamente informata.

Innanzitutto il Tribunale fà proprie le risultanze dell’ATP, (non contestato dalla paziente) munito di motivazione convincente e pienamente condivisibile.

Il Collegio peritale ha concluso che “da un punto di vista chirurgico plastico, non si hanno elementi documentali che ci permettano di affermare che la modesta asimmetria mammaria esistente e la modesta dislocazione verso l’alto e lateralmente della protesi mammaria sinistra siano la conseguenza di un errato allestimento delle tasche sottomuscolari di alloggiamento delle protesi. Difatti, sulla scorta della documentazione in atti, questa assurge unicamente ad un’ipotesi, le dismorfie rilevate sono probabilmente la conseguenza della contrattura capsulare, evento prevedibile ma non prevenibile dai Sanitari, per cui non sarebbe rilevabile alcuna censura nell’ intervento di mastoplastica additiva. Ovviamente tali conclusioni derivano dalla disamina della documentazione in atti e dal quadro mammario rilevato in occasione della visita peritale, ovvero a distanza di circa 9 anni dall’intervento di mastoplastica additiva bilaterale in discussione, non avendo a disposizione alcun documento che attesti la morfologia preoperatoria delle mammelle, né certificati/fotografie che attestino l’evoluzione nel tempo dell’intervento effettuato, dai quali potrebbe emergere un eventuale errore di allestimento”.

In sostanza, per un verso non vi è prova che i modestissimi inestetismi, poi valutati nella misura del 2,5% di danno biologico, siano riconducibili a colpa medica; per altro verso ed in ogni caso, la leggera dismorfia rilevata ben potrebbe derivare da una contrattura capsulare, cioè da una complicanza prevedibile ma non prevenibile dai sanitari, per la quale è stato raccolto un adeguato consenso informato: tutto ciò esclude la possibilità di un addebito per colpa ai Sanitari nell’esecuzione dell’intervento di mastoplastica additiva.

L’attrice, cui incombeva l’onere probatorio, non ha provato il necessario presupposto della colpa medica posto alla base della domanda risarcitoria. Nulla è stato osservato dalla paziente circa l’intervento di mastoplastica, asseritamente erroneamente eseguito, che si è limitata a richiamare le risultanze di un ATP che, oltretutto, è favorevole alla convenuta e sfavorevole all’attrice, senza muovere a tale ATP alcun rilievo o contestazione.

Sulla scorta di tali considerazioni, la domanda risarcitoria della donna viene integralmente rigettata con condanna al pagamento delle spese di giudizio e di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

Se sei stato/a vittima di un errore medico e vuoi ottenere, in breve tempo, il risarcimento dei danni fisici subiti o dei danni da morte di un familiare, clicca qui

Leggi anche:

Mastoplastica additiva e responsabilità sanitaria

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui