La pregressa convivenza more uxorio non rende inapplicabile la tutela che l’art. 35 D.Lgs. n. 198/2006 accorda alla donna per il licenziamento per causa di matrimonio (Cassazione Civile, 22 maggio 2024, n. 14301).
Questa particolare sentenza chiarisce che una volta accertato che il recesso è intervenuto nel “periodo protetto”, opera la presunzione di discriminatorietà che può essere superata solo se il datore di lavoro fornisce la prova della ricorrenza di una delle tre causali previste dalla norma stessa
Il caso
La lavoratrice viene licenziata dopo avere comunicato il suo imminente matrimonio. Tribunale e Corte di Appello di Milano, accertato che il recesso era intervenuto nel periodo di divieto sancito dall’art. 35 D.Lgs. n. 198/2006, statuivano la nullità del licenziamento, con condanna alla reintegrazione e al risarcimento delle retribuzioni medio tempore maturate, ritenendo irrilevante la dedotta convivenza more uxorio pregressa.
La vicenda approda in Cassazione dove il datore di lavoro deduce che, essendo la lavoratrice impegnata in un rapporto di stabile convivenza, doveva ritenersi inoperante, al momento del recesso, la presunzione di nullità prevista dal predetto art. 35, attesa la comparabilità della convivenza al matrimonio.
La Cassazione dà ragione ai Giudici di merito
“La limitazione alle sole lavoratrici della nullità prevista dall’art. 35 menzionato non ha natura discriminatoria, in quanto la diversità di trattamento non trova giustificazione nel genere del soggetto che presta l’attività lavorativa, ma è coerente con la realtà sociale, che ha reso necessarie misure legislative volte a garantire alla donna la possibilità di coniugare il diritto al lavoro con la propria vita coniugale e familiare.”
Una volta accertato che il licenziamento è intervenuto durante il periodo di divieto previsto dall’art. 35 citato, opera la presunzione di discriminatorietà per causa di matrimonio.
È una presunzione legale relativa, che il datore di lavoro può superare solo se fornisce la prova della sussistenza di una delle cause di esclusione previste dal comma 5 della medesima norma (ovverosia: colpa grave della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto; cessazione dell’attività dell’azienda; ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta; scadenza del termine).
Non rileva la pregressa convivenza more uxorio.
Ricorso rigettato con conferma della decisione d’Appello.
Avv. Emanuela Foligno