Il rapporto tra linee guida e Legge Gelli si rivela, secondo gli esperti, meno semplice di quanto l’approvazione delle stesse lascerebbe supporre

Linee guida e Legge Gelli, un binomio che, se da un lato dovrebbe rassicurare e garantire la certezza nell’applicazione della legge, dall’altro rivela alcune criticità. Quando, nel marzo scorso, è stata approvata la Legge 24/2017 sulla responsabilità professionale e la sicurezza delle cure, i media hanno evidenziato uno degli elementi di novità principali di questo provvedimento, individuandolo nelle linee guida e sottolineando come il rispetto delle stesse – approvate dalla comunità scientifica – potesse intendersi come qualcosa che esimeva da responsabilità per il professionista sanitario che incorra in un incidente di percorso.
Secondo gli esperti, linee guida e Legge Gelli meriterebbero invece un approfondimento, in quanto pur essendo un elemento qualificante del provvedimento, allo stesso tempo presentano diverse criticità. Gli aspetti di novità sostanziale di questa legge tanto attesa sono tanti e, sebbene ancora in attesa dei relativi decreti attuativi, in qualche modo la questione relativa alle linee guida ha iniziato a far sedimentare nel corpus professionale sanitario alcune incertezze.
Prima fra tutte, il fatto che le linee guida non possano essere un alibi per il sanitario, né per la struttura dove opera.
I decreti attuativi saranno dirimenti in questo senso, ma la matrice attraverso cui stabilire responsabilità e colpe è una materia molto complessa. Linee guida e Legge Gelli, quindi, non potranno non tenere conto di quei principi di buona pratica clinica non distaccati, peraltro, dal riconoscimento del paziente quale soggetto irripetibile.
Le linee guida, inoltre, fanno specifico riferimento al trattamento della singola patologia ma molto spesso ne convivono molte di più in un unico paziente. Questo, come prevedibile, crea una complessità. Così come l’applicazione di tali linee guida in strutture di eccellenza porrebbe un freno alle pratiche mediche più avanzate, mentre in altre potrebbe costituire un obiettivo difficile da raggiungere.
Il quesito, dunque, è se tali indicazioni potranno essere interpretate o meno. Così come resta sul tavolo la questione relativa alla nomina e definizione dei CTU, che rappresentano spesso il vero ago della bilancia nei procedimenti.
Il tema delle assicurazioni delle strutture sanitarie, infine, rappresenta una ulteriore questione da esaminare, soprattutto perché sono molte le strutture che si trovano in una condizione di auto-assicurazione e quindi di assunzione diretta del rischio. Una circostanza che porrebbe in seria difficoltà soprattutto le strutture private.
 
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