Esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito
La vicenda
Con sentenza, emessa in data 21 maggio 2018, il Giudice di Pace di Vasto condannava l’imputata, per il reato di minaccia, di cui all’art. 612 c.p., commesso in danno della persona offesa, in occasione di un diverbio stradale, di per sé non rilevante, causato da una lite per un parcheggio.
Il fatto risale al 2014. La vittima, secondo quanto emerso dal giudizio di merito, era stata destinataria di espressioni minatorie, ad opera della imputata che al momento si trovava in compagnia di altra persona, anch’essa imputata e poi prosciolta dal reato di lesioni.
Sia il comportamento minaccioso dell’esponente che il comportamento aggressivo della sua accompagnatrice, secondo il giudice del merito, minarono la libertà psichica della persona offesa che fu indotta a non allontanarsi dai pressi della sua vettura, parcheggiata sulla pubblica via, per evitare conseguenze dannose alla stessa, così come paventato dall’attuale ricorrente.
Ebbene la sentenza è stata confermata anche dai giudici della Cassazione.
A nulla è servito il ricorso formulato dalla difesa, in ordine all’asserita illogicità e carenza della motivazione, nonché al travisamento della prova e all’omissione di valutazione di tutte le prove testimoniali.
La Quinta Sezione Penale (sentenza n. 38088/2019) ha ancora una volta ribadito che esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003).
La novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46 ,che ha riconosciuto la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di impugnazione, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, sicché gli atti eventualmente indicati, che devono essere specificamente allegati per soddisfare il requisito di autosufficienza del ricorso, devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell’ambito di una valutazione unitaria, e devono pertanto essere tali da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso.
Resta, comunque, esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova.
La decisione
È stato anche precisato che la modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge n. 46 del 2006, non consente alla Cassazione di sovrapporre la propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, mentre comporta che la rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni processuali può essere dedotta nella specie del cosiddetto travisamento della prova, a condizione che siano indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e sempre che la contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo, essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili le minime incongruenze. (Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006).
Ad ogni buon conto, a giudizio degli Ermellini, i motivi proposti dalla difesa miravano ad ottenere un’inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, aveva esplicitato le ragioni del suo convincimento.
Il ricorso è stato perciò, dichiarato inammissibile e confermata in via definitiva la pronuncia di condanna.
La redazione giuridica
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