Accolto il ricorso dell’Inps contro il riconoscimento del diritto di un cittadino all’assegno sociale e alla maggiorazione con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello dei compimento del 65° anno di età
La maggiorazione dell’assegno sociale non opera automaticamente al compimento dei requisisti anagrafici, essendo necessario che l’interessato presenti domanda per la maggiorazione che avrà effetto soltanto dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda medesima. Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 13860/2021 pronunciandosi sul ricorso dell’Inps contro la decisione con cui i Giudici del merito avevano riconosciuto il diritto di un cittadino all’assegno sociale e alla maggiorazione con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello dei compimento del 65° anno di età (marzo 2006) anziché, come preteso dall’INPS in riferimento alla maggiorazione, dal mese successivo alla presentazione della domanda amministrativa (in data 10 aprile 2007).
La Cassazione, nell’accogliere le doglianze dell’Ente previdenziale, ha sottolineato che l’assegno sociale si inserisce nel novero delle prestazioni economiche di assistenza sociale e costituisce una prestazione assistenziale erogata agli ultrasessantacinquenni, istituita in attuazione dell’art. 38 della Costituzione per far fronte al “particolare stato di bisogno derivante dall’indigenza, risultando altre prestazioni – assistenza sanitaria, indennità di accompagnamento – preordinate a soccorrere lo stato di bisogno derivante da grave invalidità o non autosufficienza, insorte in un momento nel quale non vi è più ragione per annettere significato alla riduzione della capacità lavorativa, elemento che, per contro, caratterizza le prestazioni assistenziali in favore dei soggetti infrasessantacinquenni”.
L’assegno sociale è connotato, come la pensione sociale che ha sostituito, dalla funzione assistenziale svolta dall’ordinamento per soccorrere i cittadini anziani sprovvisti dei mezzi necessari per vivere, di importo più elevato rispetto alla pensione sociale e soggetto a stringenti limiti di reddito; la trasformazione automatica della pensione di inabilità e dell’assegno di invalidità in pensione sociale, ora assegno sociale, è prevista al compimento del requisito anagrafico per quest’ultima prestazione e richiede, dunque, il solo raggiungimento della soglia anagrafica, soglia incrementata per effetto di successivi interventi normativi, in coerenza con l’incremento delle aspettative di vita, non rilevanti, ratione temporis, nel ricorso all’esame.
A decorrere dal 10 gennaio 2001, detta prestazione, in considerazione dell’intrinseca fragilità dell’invalido infrasettancinquenne ed ultrasettancinquenne in condizione di indigenza, è stata incrementata con l’articolo 70, legge n. 388 del 2000, che ha previsto la maggiorazione dell’assegno sociale, di cui all’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995 n. 335, per un importo pari a lire 25.000 (attuali 12,92 euro) mensili per i titolari con età inferiore a settantacinque anni e a lire 40.000 mensili (attuali 20,66 euro ) per i titolari con età pari o superiore a settantacinque anni; il successivo comma 2 del citato articolo 70 ha fissato i limiti reddituali per la corresponsione della maggiorazione e il comma 6 ha esteso la maggiorazione (nella misura di lire 20.000) agli invalidi di età inferiore a sessantacinque anni.
L’art. 38 della legge n.448 del 2001 ha ulteriormente introdotto il beneficio incrementativo (cosiddetto incremento al milione, ora euro 516,46) dell’assegno sociale dal settantesimo anno di età per gli invalidi civili totali sul quale, in riferimento al limite anagrafico, è da ultima intervenuta la Corte costituzionale (sentenza n. 152 del 2020); ai titolari di assegno (o pensione) sociale è concesso l’incremento in questione per il solo raggiungimento del settantesimo anno di età “anche se esenti da patologie invalidanti” in considerazione, nei confronti di percettori di assegni (o pensioni) sociali, della situazione di maggior bisogno e della correlata necessità di ulteriore sostegno economico, in assenza di loro compromissioni invalidanti in correlazione all’ingresso in una fascia di età avanzata corrispondente al fisiologico e sopravvenuto invecchiamento.
L’effetto sostitutivo automatico dell’assegno sociale, in considerazione della natura assistenziale della prestazione volta a soccorrere i cittadini fragili in ragione dell’età anagrafica e perché sprovvisti dei mezzi necessari per vivere, non può affermarsi anche per la maggiorazione della prestazione economica sociale sostitutiva, ulteriore strumento con cui l’ordinamento dà attuazione all’obbligo, di rango costituzionale, di alleviare lo stato di bisogno dei più indigenti fra gli anziani che versino in precarie condizioni di sostentamento; le prescritte condizioni reddituali fissate per il diritto alla maggiorazione portano già ad escludere la natura accessoria ed automatica della maggiorazione e, dunque, della maturazione del diritto alla maggiorazione al solo maturare del requisito anagrafico, al pari della prestazione assistenziale sostitutiva alla quale accede, a prescindere dalla domanda dell’assistito.
Neanche si rinvengono fonti normative – affermano ancora dal Palazzaccio – che possano fondare l’affermata automaticità della maggiorazione giacché la necessità della domanda amministrativa risulta ribadita dall’articolo 1 della legge 29 dicembre 1988, n. 544 – fin dall’incipit dell’articolo: “Con effetto dal 1° luglio 1988, ai titolari ultrasessantacinquenni di pensioni a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori…è corrisposta, a domanda, una maggiorazione sociale della pensione nella misura di lire 50.000 mensili, per tredici mensilità, a condizione che…” – ed è riaffermata nel comma 6: “La domanda per ottenere la maggiorazione sociale, corredata dal certificato di stato di famiglia, nonche’ da una dichiarazione resa dal richiedente su apposito modulo attestante l’esistenza dei prescritti requisiti, e’ presentata alla sede dell’INPS territorialmente competente”.
Chiude, inoltre, il richiamato compendio normativo, la prescrizione, enunciata nel comma 10, della “decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda”, con l’espressa qualificazione del credito in esame come non cedibile, né sequestrabile, né pignorabile.
Si tratta, del resto, di disposizioni normative in continuità con la già prescritta decorrenza, dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda amministrativa, enunciata nell’articolo 1 della legge n. 140 del 1985 in riferimento alla maggiorazione sociale dei trattamenti minimi, sostituita dalle richiamate disposizioni dell’articolo 1 della legge n. 544 del 1988 e non soggette a loro volta a modifiche, nei numerosi interventi legislativi successivi finalizzati all’ampliamento degli aventi diritto alle maggiorazioni sociali.
La redazione giuridica
Ritieni di avere i requisiti sanitari per avere diritto a una pensione, assegno di invalidità o indennità di accompagnamento e il verbale dell’Inps te li ha negati? Clicca qui
Leggi anche:
Errata valutazione dell’Inail dei postumi permanenti derivanti da infortunio