Malformazione costatata al momento della nascita e costituita dalla mancanza dell’estremità dell’arto superiore sinistro (Tribunale Cuneo sez. I, dep. 25/03/2022, n.290).
Malformazione costatata al momento della nascita induce i genitori del neonato alla chiamata in causa del Medico e della ASL per il risarcimento dei danni.
In particolare, dinanzi al Tribunale di Cuneo, viene dedotta la malformazione costatata al momento della nascita e , in particolare, nella mancanza della mano sinistra e che, durante la gravidanza, la donna si era sottoposta a controlli periodici sia presso la struttura sanitaria locale ASL (OMISSIS), sia presso lo studio del Medico.
Nel corso di tali controlli, non era stata individuata la malformazione poi emersa al momento della nascita del bambino e che, a causa della negligenza e dell’imperizia dei sanitari ai quali si erano rivolti, si convincevano erroneamente del fatto che il nascituro fosse privo di malformazioni ed in piena salute.
Il Medico convenuto contesta la domanda e deduce che il piccolo non presentasse l’assenza integrale della mano sinistra, ma la mera “agenesia” di detta mano, vale a dire la sola mancanza di alcune dita e che una tale malformazione non avrebbe potuto essere individuata in occasione delle visite avvenute presso il suo studio, ove si era proceduto all’esecuzione di meri controlli ecografici routinari, non refertati, privi delle caratteristiche di precisione ed attendibilità della c.d. ecografia “morfologica”, consistente nel controllo ecografico rivolto alla verifica dell’anatomia fetale, svoltosi alla ventunesima settimana di gravidanza presso l’ASL.
Inoltre, deduce il Medico che secondo le linee guida, era emerso un basso livello di attendibilità dell’esame ecografico morfologico, all’esito del quale non poteva concludersi che fosse possibile individuarsi, refertarsi e riferirsi ai genitori del nascituro tutte le possibili malformazioni affliggenti il feto.
Preliminarmente, il Giudice evidenzia che le questioni giuridiche sono da intendersi disciplinate dalla L. n. 189 del 2012 (legge Balduzzi), essendo questa la fonte normativa vigente all’epoca della commissione dei fatti di cui è causa.
Pertanto, “in tema di responsabilità medica da nascita indesiderata, il genitore che agisce per il risarcimento del danno ha l’onere di provare che la madre avrebbe esercitato la facoltà d’interrompere la gravidanza – ricorrendone le condizioni di legge – ove fosse stata tempestivamente informata dell’anomalia fetale; quest’onere può essere assolto tramite “praesumptio hominis”, in base a inferenze desumibili dagli elementi di prova, quali il ricorso al consulto medico proprio per conoscere lo stato di salute del nascituro, le precarie condizioni plico-fisiche della gestante o le sue pregresse manifestazioni di pensiero propense all’opzione abortiva, gravando sul medico la prova contraria, che la donna non si sarebbe determinata all’aborto per qualsivoglia ragione personale”.
Sul punto gli attori nulla hanno allegato, né provato che, ove informati della malformazione del figlio, avrebbero senz’altro deciso di interrompere la gravidanza, avendo essi lamentato esclusivamente la lesione del loro diritto ad essere informati delle condizioni di salute del feto.
Inoltre, gli attori non hanno assolto all’onere di dimostrare che l’agenesia della mano e di parte del braccio del feto dia luogo ad un processo patologico tale da integrare le ipotesi di cui alla L. n. 194 del 1978, art. 6, condizione questa certamente non apprezzabile in re ipsa, tenuto conto dell’insegnamento della Suprema Corte secondo cui “in tema di responsabilità medica da nascita indesiderata, la mancanza della mano sinistra del nascituro non è una malformazione idonea a determinare un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, requisito imposto dalla L. n. 194 del 1978, art. 6, lett. b), per far luogo all’interruzione della gravidanza dopo i primi 90 giorni dal suo inizio, sicché, non potendosi legittimamente ricorrere all’aborto, dall’omessa diagnosi dell’anomalia letale non può derivare un danno risarcibile” (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9251 dell’11.4.2017).
Ne’ può considerarsi risarcibile il danno derivante al minore dall’essere nato con una malformazione congenita, dal momento che non merita giuridica tutela e “non è risarcibile il danno da lesione del diritto a non nascere se non sani” (cfr. Cass., sez. un., 22 dicembre 2015, n. 25767).
Ergo, non vi sono i presupposti perché possa risarcirsi il danno allegato dagli attori, asseritamente consistito nella sorpresa derivante dalla malformazione costatata al momento della nascita, anziché nel corso della gravidanza.
Sul punto infatti secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., n. 243/2017), perché, in ipotesi di mancato, colpevole accertamento dell’esistenza di menomazioni affliggenti il feto possa insorgere il diritto dei genitori al risarcimento del danno derivante dall’avere avuto la “sorpresa della condizione patologica del figlio solo al termine della gravidanza’, un tale danno deve concretarsi in un pregiudizio “alla salute psico-fisiche” dei genitori, situazione non riscontrabile nel caso di specie, per non avere gli attori prospettato alcunché in ordine alla sussistenza ed alla gravità di un tale danno, né, tantomeno, avendo fornito la minima prova, anche solo presuntivamente, in relazione all’esistenza di tali circostanze.
Infine, viene escluso che sia risarcibile il danno da lesione del diritto all’informazione circa le condizioni fisiche del feto, ovvero da omessa diagnosi della malformazione costatata al momento della nascita, poiché neppure di tale danno gli attori hanno dato prova, nemmeno su base presuntiva ex art. 2727 c.c., non avendo neanche allegato che la sofferenza derivata dall’apprendere la malformazione del figlio solo al momento del parto è stata maggiore di quella che avrebbero subito se lo avessero saputo al momento dell’esecuzione della ecografia morfologica, o che, se fossero stati tempestivamente informati, essi si sarebbero ad es. sottoposti a specifiche terapie di sostegno o che tali terapie siano state intraprese per superare l’eventuale trauma subito.
In conclusione, la domanda viene rigettata.
Avv. Emanuela Foligno
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