Morto di tumore dopo sei accessi in Pronto soccorso, i dubbi della figlia

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morto di tumore

L’uomo, morto di tumore lo scorso 13 luglio, si era recato in ospedale la prima volta ad aprile accusando un forte dolore toracico. Solo a distanza di un mese e mezzo era stato sottoposto a una Tac e risonanza con contrasto che avevano evidenziato la presenza di masse alla schiena

Poteva essere salvato? Poteva vivere di più? Sono gli interrogativi che si pone la figlia di un 77enne morto di tumore lo scorso 13 luglio dopo un’odissea di tre mesi iniziata il 14 aprile, data in cui si registra il primo di diversi accessi in Pronto soccorso a Udine, dove l’uomo si era recato accusando un dolore toracico molto forte.

La vicenda è riportata dal Gazzettino. Il paziente, dopo aver svolto un elettrocardiogramma e gli esami del sangue, era stato rimandato a casa senza che venisse ravvisata alcuna complicanza. Nei giorni successivi, tuttavia, la situazione era peggiorata. Il 6 maggio l’anziano era tornato in ospedale per un forte dolore irradiato alle braccia, che aveva raggiunto anche schiena e torace. Anche in quel caso era stato dimesso dopo elettrocardiogramma ed esami del sangue. Così come due giorni dopo, l’8 maggio, quando il malessere si era accentuato divenendo sempre più insopportabile.

I successivi accessi nel nosocomio del capoluogo friulano risalgono al 21 e al 30 maggio. Il dolore era sceso fino ai polpacci e l’uomo avvertiva una sensazione di gonfiore al petto. Il primo giugno, non riuscendo più a camminare, il 77enne era stato portato in Pronto soccorso in ambulanza e sottoposto a visita neurologica.

Il personale medico aveva quindi deciso di disporne il trasferimento al Policlinico di Pordenone, dove finalmente era stato sottoposto a una tac e a una risonanza con contrasto.

Il 3 giugno il paziente era stata rimandato a Udine con una diagnosi di masse alla schiena. Qui i successivi approfondimenti svolti presso l’Unità spinale dell’ospedale  avevano confermato che si trattava di metastasi. La figlia a quel punto aveva deciso di rivolgersi a uno specialista, grazie al quale il padre, tornato a Pordenone, era stato sottoposto a un esame istologico. Il medico, in virtù della gravità della situazione aveva  sollecitato un nuovo trasferimento nel capoluogo, avvenuto però solamente il 9 giugno. Quindi l’operazione e la radioterapia, prima del trasferimento in un centro di assistenza della provincia dove il 13 luglio è sopraggiunto il decesso.

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