Aperta un’inchiesta a Catanzaro sul decesso di un uomo di 60 anni morto dopo due giorni di ricovero in ospedale lo scorso aprile
Sette medici di una struttura sanitaria in provincia di Catanzaro sono stati iscritti nel registro degli indagati con l’ipotesi di reato di omicidio colposo nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Procura sul decesso di un uomo di 60 anni morto dopo due giorni di ricovero lo scorso 17 aprile.
Le indagini sono partite in seguito alla denuncia presentata dai familiari della vittima i quali chiedono che venga fatta chiarezza sulle cause della morte. L’uomo era arrivato in pronto soccorso con una diagnosi di ingresso di “TIA in pz con cardiomiopatia dilatativa ischemica”.
Un consulenza di parte acquisita agli atti dal Pubblico ministero – riferisce il Corriere di Calabria – avrebbe evidenziato all’esito di una prima valutazione, “diverse criticità di interesse medico legale, che potrebbero anche configurare ipotesi di responsabilità medica”. Ogni valutazione, tuttavia, deve essere necessariamente rapportata alla causa certa del decesso. Da li la disposizione dell’esame autoptico.
Nella perizia del medico legale consultato dai parenti, in particolare, si sottolinea come l’esame della documentazione sanitaria relativa all’ultimo giorno di vita della vittima, nonché la manifestazione clinica del decesso non deporrebbero per una morte cerebrale, “come sembrerebbero fare intendere i sanitari della Unità Operativa di Medicina”, ma piuttosto per una morte cardiaca in un soggetto affetto da cardiopatia ischemica e portatore di PM.
Tale ipotesi diagnostica – continua l’esperto – “a fronte del rilievo di un deciso movimento degli enzimi cardiaci, sin dal pomeriggio del 16 aprile e nella mattinata del 17 e della somministrazione di terapia psicofarmacologica, suscettibile di indurre alterazioni elettriche cardiache quali allungamento del QT, in assenza di valutazione specialistica cardiologica preliminare, schiude ipotesi di condotte colpose in capo ai Sanitari della U.O. di Medicina” che ebbero in cura il paziente.
Al centro dell’inchiesta anche la decisione del paziente di tornare a casa in seguito a un primo accesso in Pronto soccorso, dove era arrivato accusando vomito e capogiri.
Secondo quanto riportato in cartella clinica l’uomo avrebbe firmato le dimissioni “edotto e consapevole dei rischi anche mortali” a cui si stava esponendo nel rifiutare il ricovero; secondo i familiari, invece, nessuno avrebbe parlato del pericolo di morte a cui sarebbe potuto andare incontro il loro congiunto, il quale avrebbe preferito firmare le dimissioni per paura di contrarre il Covid-19.
Sarà dunque l’esame necroscopico a far luce sulla causa del decesso e a far emergere eventuali responsabilità sanitarie per l’accaduto.
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