Nascita indesiderata di bambino malformato, risarcimento di oltre 1 milione di euro

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I genitori del bambino nato affetto da una sindrome detta di Shprintzen Goldberg contestano l’omessa diagnosi di malformazioni del feto. I Giudici di merito riconoscono la responsabilità sanitaria di medico e struttura per la nascita indesiderata di bambino malformato.

La vicenda clinica

Nel 2005 la gravida si affidava alle cure degli Spedali Civili di Brescia per ricevere assistenza e sottoporsi agli usuali controlli ecografici nel corso della fase della gestazione. La paziente, l’8 settembre 2005, veniva sottoposta alla ventesima settimana di gravidanza, ad un esame ecografico dal quale il medico ecografista non riscontrava nulla di anomalo. Il successivo 12 dicembre 2005, all’esito di un’ulteriore valutazione della gravidanza, veniva diagnosticata la presenza nel feto di irregolarità anatomiche e, precisamente, una lieve mesocardia, costituita da una posizione minimamente orientata al centro del vertice del cuore, e una anomalia delle suture craniche denominata craniosinostosi.

Il 12 gennaio 2006, nasceva il bambino affetto da una sindrome detta di Shprintzen Goldberg, rarissima (solo 50 casi censiti nel mondo dal 1985 alla data della nascita del piccolo), gravemente invalidante, che gli impedisce di deambulare, di parlare e di svolgere autonomamente qualsiasi funzione quotidiana della vita umana, in quanto portatore di tracheotomia definitiva con ossigenoterapia che impone costante assistenza.

Le sentenze di merito

Con sentenza n. 3041/2016 del 18 ottobre 2016 il Tribunale di Brescia riconosceva la responsabilità nell’esecuzione della ecografia prenatale, e dunque la responsabilità contrattuale del medico e della struttura, e li condannava in solido al risarcimento:

  • 1) di un danno non patrimoniale da trauma psicologico, biologico, morale ed esistenziale dei genitori, pari a complessivi €293.894 in favore della madre ed €221.392 in favore del padre.
  • 2) Un danno patrimoniale per le spese future da liquidarsi, equitativamente, nella somma di €150.000 a favore della madre e di ulteriori €150.000 a favore del padre per un importo complessivo di €300.000 in favore di entrambi i genitori.
  • 3) Un danno patrimoniale, a titolo di danno emergente, per spese documentate sostenute dai genitori, nella misura di €6.284,71 a favore della madre e di €3.071,01 a favore del padre, nonché, a titolo di lucro cessante, di €100.000,00 a favore del padre per le conseguenze lesive lavorative e reddituali causate dalla nascita.
  • 4) Infine, un danno non patrimoniale di natura esistenziale a titolo di cd. wrongful life, pari ad €600.000 a diretto beneficio del bambino.

La Corte di Appello rivede la liquidazione del danno risarcibile

Con sentenza n. 365/2022 del 21 marzo 2022 la Corte d’Appello di Brescia confermava la responsabilità del medico e della struttura sanitaria per la nascita indesiderata, mentre sotto il profilo della liquidazione del danno risarcibile:

  • a) rigettava il motivo con cui i genitori del bambino chiedevano una valutazione del danno biologico patito superiore a quella individuata e motivata nella CTU e condivisa dalla sentenza di prime cure.
  • b) Accoglieva, parzialmente, il motivo con cui gli stessi chiedevano di aumentare l’importo del danno esistenziale riconosciuto dalla sentenza di primo grado, per cui aumentava l’importo, pari ad €200.000 per ciascun genitore concesso in primo grado, ad €250.000 cadauno.
  • c) Rigettava il motivo con cui gli stessi chiedevano la personalizzazione non concessa in primo grado, sul rilievo che la stessa era stata indebitamente richiesta non rispetto al danno biologico, bensì rispetto al danno non patrimoniale. Accoglieva il motivo con cui i soccombenti chiedevano di ridurre il danno patrimoniale reddituale da lucro cessante patito dal padre ma liquidato in prime cure in maniera eccessiva rispetto alla inferiore misura effettivamente dimostrata in giudizio. Escludeva il risarcimento del danno a favore del minore per violazione di un inesistente diritto per wrongful life.

Il ricorso in Cassazione

I genitori del bambino impugnano la decisione in Cassazione. Sostengono che la Corte di appello non avrebbe correttamente liquidato il danno emergente da nascita indesiderata consistente nel costo di mantenimento del figlio gravemente macroleso. Lamentano, in particolare, che la Corte di Brescia avrebbe confermato la liquidazione del danno emergente futuro del primo giudice, senza tenere conto che, nel caso di nascita indesiderata di un figlio invalido al 100%, sussiste un obbligo di mantenimento per tutta la vita dei genitori. Lamentano, inoltre, che avrebbe dovuto essere liquidato un danno biologico a essi genitori in misura maggiore, applicando l’incremento massimo per la sofferenza soggettiva e la personalizzazione in misura massima.

Tutte le censure vengono rigettate (Cassazione civile, sez. III, 30/08/2024, n.23407).

Le doglianze dei ricorrenti non colgono la ratio decidendi dell’impugnata sentenza e cioè che i Giudici di appello hanno espressamente escluso di liquidare in misura maggiore il danno già riconosciuto in primo grado sul rilievo della assenza di prova.

Ad ogni modo, la Corte bresciana si è pronunciata conformemente agli insegnamenti secondo cui l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa presuppone che sia provata l’esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, sicché grava sulla parte interessata l’onere di provare non solo l’an debeatur del diritto al risarcimento, ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui possa ragionevolmente disporre nonostante la riconosciuta difficoltà.

Ergo è corretta la pronuncia che ha confermato la liquidazione a titolo di spese future svolta dalla sentenza di primo grado e rilevato l’assenza di prova in ordine alla richiesta di liquidazione di un importo maggiore.

Il non incremento del danno biologico

Riguardo all’invocato incremento del danno biologico richiesto dai genitori, viene richiamata la relazione del CTP, senza però censura alcuna alle valutazioni del CTU svolte in primo grado. Comunque, la Cassazione richiama 28988/2019: “…non è riconoscibile la personalizzazione invocata… atteso che le ragioni poste a base dell’istanza sono sostanzialmente identiche a quelle che supportano la liquidazione del danno stesso, non evidenziandosi circostanze particolari che rendano la situazione peculiare rispetto a lesioni analoghe del diritto tutelato”. Difatti nella censura non vengono svolte specifiche critiche, ma una diversa ricostruzione fattuale, sollecitando un riesame del fatto e della prova che è precluso in sede di legittimità.

Ad ogni modo, i genitori assumono che alcune circostanze – ovvero che i caregiver patiscano una riduzione della aspettativa di vita da 9 a 17 anni – come fatti notori, ma trascurano il costante orientamento secondo cui:
sono notori, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 115, comma 2 cpc, quei soli fatti conoscibili dalla generalità delle persone a cagione della loro diffusa ripercussione o eco sociale, anche attraverso i mezzi di diffusione, tra cui, in via esemplificativa, crisi finanziarie, fenomeni economici diffusi, catastrofi, fenomeni sociali rilevanti; il ricorso alle nozioni di comune esperienza, comportando una deroga al principio dispositivo e al contraddittorio, va inteso in senso rigoroso, cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile, non potendo conseguentemente rientrare in tale nozione gli elementi valutativi implicanti particolari cognizioni, né le nozioni ricadenti nella scienza privata del giudice” (v. Cass., 11/01/2024, n. 1128; Cass., 13/12/2022, n. 36309; Cass., 16/03/2022, n. 8850).

Le aspettative di vita ridotte per i genitori caregiver

I ricorrenti sostengono – errando – che la riduzione della loro aspettativa di vita, genitori di un figlio macroleso, si sarebbe ridotta, quale conseguenza scientificamente dimostrata e che costituirebbe fatto notorio, senza che nel caso di specie, tuttavia, ricorrano i presupposti individuati dalla citata giurisprudenza di legittimità.

Sul restante quantum debeatur, la Cassazione ne suggella la correttezza, dando atto che la Corte bresciana:

  • a) ha confermato la sentenza del Tribunale nel riconoscere il diritto al risarcimento del danno, e, pur facendo anche fuggevole riferimento allo sconvolgimento esistenziale e della vita familiare, correttamente lo qualifica in rapporto alla lesione del rapporto parentale.
  • b) Ha applicato le tabelle vigenti al momento della liquidazione, conformemente agli insegnamenti giurisprudenziali.
  • c) Ha riconosciuto, in parziale riforma della sentenza di prime cure e con motivata valutazione in fatto, un aumento della voce di danno non patrimoniale, sebbene non nella integrale misura richiesta, in quanto, quest’ultima, sostanzialmente ritenuta indimostrata nell’ammontare.

Conclusivamente la Cassazione rigetta il ricorso.

Avv. Emanuela Foligno

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